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Il Presidente dell’Ente camerale, Mencaroni: l’incremento delle cessazioni in provincia di Perugia potrebbe essere un riassetto momentaneo del sistema imprenditoriale con la chiusura di un certo numero di attività marginali, come avvenuto in provincia di Terni nel 2022. Una situazione che potrebbe essere recuperata nel 2024.

La dichiarazione

Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “L’andata in negativo, nel 2023, del saldo iscrizioni-cessazioni delle aziende registrate nel Registro imprese della Camera di Commercio dell’Umbria, deriva essenzialmente da un incremento delle cessazioni, che erano in calo dal 2017, con l’eccezione del 2022. Un aumento delle cessazioni concentrato in provincia di Perugia. Questo quadro fa pensare a un riassetto del tessuto imprenditoriale perugino con la chiusura di un certo numero di attività marginali, soprattutto nei settori tradizionali, come era d’altronde avvenuto in provincia di Terni nel 2022, quando le cessazioni crebbero a 1.007 dalle 893 del 2022, mentre quest’anno sono scese a 983. Questo per dire che la flessione nel 2023 di 139 imprese in Umbria, calo che non si verificava dal 2009, potrebbe essere recuperato nel 2024. E c’è da considerare che il tessuto imprenditoriale continua comunque nel suo rafforzamento a livello strutturale con una crescita dell’1,85% delle società di capitale”.

Per la prima volta dal 2009, nel 2023, le cessazioni delle aziende al Registro imprese della Camera di Commercio dell’Umbria superano le iscrizioni. Ciò significa, in altre parole, che nel 2023, per la prima volta, le aziende registrate nel Registro imprese scendono (nel 2022 erano aumentate di 200 unità). La flessione a livello numerico è di 139 imprese, frutto - rispetto al 2022 – di un calo delle iscrizioni (da 4mila 077 a 3mila 975) e di un improvviso aumento delle cessazioni (da 3mila 877 del 2022 a 4mila 114 del 2023). In termini percentuali il calo umbro delle imprese nel 2023 - rispetto al 2022 - è dello 0,15%, secondo peggior risultato d’Italia (peggio fa il Molise -0,55%), mentre le altre regioni che presentano un saldo iscrizioni-cessazioni negativo, benché leggerissimo, sono Marche (-0,07%) e Liguria (-0,02%). Tutte le altre regioni registrano invece un saldo positivo. A livello nazionale, invece, il numero delle imprese registrate segna +42mila (+0,7% sul 2022), frutto di 312mila 050 iscrizioni e 270mila 011 cessazioni.

A ben guardare, la flessione dell’Umbria non è provocata tanto a un brusco calo delle iscrizioni (che scendono, ma in linea con gli anni scorsi, marcando -2,5% sul 2022), quanto a un balzo delle cessazioni (+237, +6,11% sul 2022), dopo che erano state in calo ininterrottamente dal 2017, con l’eccezione del 2022.

… ma aumentano le società di capitali e il sistema imprenditoriale umbro si rafforza dal punto di vista strutturale, anche se meno rispetto all’andamento nazionale

Le iscrizioni e cessazioni però non sono tutto, perché a contare molto è anche il rafforzamento strutturale del sistema imprenditoriale, che in effetti in Umbria nel 2023 si rafforza con una crescita dell’1,85% delle società di capitale (il dato è comunque inferiore a quello nazionale, che marca +3,1%), mentre il calo maggiore riguarda le società di persone (-1,46%). Giù anche le ditte individuali (-0,33%) e le “altre forme” (-0,33%).

Andamento divergente tra le province di Perugia e Terni: saldo iscrizioni-cessazioni 2023 negativo nel Perugino e positivo nel Ternano

Il calo del numero delle aziende che si registra in Umbria nel 2023 è dovuto esclusivamente alla flessione in provincia di Perugia, dove le iscrizioni sono scese a 2mila 957 (-1,4%, erano state 2mila 999 nel 2022) e le cessazioni cresciute a 3mila 131 (+8,7%, erano state 2mila 870 nel 2022), per un saldo di -174 imprese (nel 2022 il saldo era stato +129). In provincia di Terni, invece, le iscrizioni sono scese da 1.078 a 1.018 (-60, -5,5% sul 2022) e le cessazioni sono invece scese da 1.007 a 983 (-24, -2,4%), per un saldo positivo di 35 imprese.

L’andamento dei settori

A livello nazionale, oltre il 70% delle 42mila imprese registrate in più negli ultimi dodici mesi opera in soli 3 macro-settori: le costruzioni, il turismo e le attività professionali.

Il più dinamico, in termini di crescita imprenditoriale, è il comparto delle costruzioni che, nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati al mondo dell’edilizia che ha caratterizzato il 2023, alla fine degli scorsi dodici mesi ha contato 13mila 541 imprese in più rispetto al 2022 (+1,62%).

Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate da un “boom” della consulenza aziendale e amministrativo-gestionale (saldo positivo di oltre 6mila attività e una variazione relativa dell'8%).

Anno positivo anche per il comparto della vacanza, in cui si contano 3mila 380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3mila 015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%).

Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari, che a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%).

A fronte di questi risultati positivi, i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese. Per il commercio, il 2023 si è chiuso con una riduzione complessiva di 8mila 653 attività (-0,6% su base annua) ma, approfondendo l’analisi dei dati, si rileva come il processo di selezione in questo settore abbia riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio, che nel 2023 ha perso quasi 7mila 700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7mila 546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2mila 962 imprese (-0,56%). Una performance, per quest’ultimo settore, che tocca tutti comparti con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), delle bevande (+37).

Il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo positivo annuale. Le regioni che hanno fatto meglio in valori assoluti e in crescita percentuale

I dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche italiane. Con le sue 14mila 948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il Nord-Ovest (+11mila 210) e il Centro (+10mila 626).

Bilancio imprenditoriale attivo per sedici delle venti regioni italiane. In termini assoluti, meglio di tutte hanno fatto la Lombardia (10mila 562 imprese in più), il Lazio (+9mila 710) e la Campania (+6mila 351). Il Lazio (+1,59%) registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi; seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%).


Ultimo aggiornamento

22-01-2024 12:01

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