Dai sapori marini di Ischia alle colline di Assisi. È questa il ponte che percorre lo chef Emanuele Mazzella, che delinea i menu del ristorante Eat Nun di Assisi, inserito nel Nun Assisi Relais & Spa Museum.
Una fusione di cibi terragni e di mare, che non disegnano la presenza di legami insoliti che per un neofita della cucina sarebbero ardui da comprendere. Come l'abbinamento tra la pasta alla norcina e il guanciale alla liquirizia, oppure tra il carpaccio e la crema fresca di capra.

“Gli abbinamenti variano in base al piatto che creiamo o che rivisitiamo, dipende anche un po’ da quello che vogliamo comunicare: magari, un’emozione, un ricordo, un’esperienza”, ci dice Emanuele. Per la pasta alla Norcina - che deve il suo nome all'umbra città di Norcia nota per il tartufo e le sue carni, n.d.r. - è stato rivisitato un classico della cucina Italiana, rendendolo più leggero e esteticamente accattivante, riconducendolo ad essere un piatto più contemporaneo, senza snaturarne il gusto. “La liquirizia, quindi, sul guanciale non fa altro che dare una nota aromatica più gradevole, morbida alla sapidità e alla grassezza del guanciale”.

Il menu che cambia con le stagioni

Per altre pietanze si unisce il pesce San Pietro - con polpa molto saporita e gustosa, tanto da essere considerano il più raffinato nel mercato ittico comune - con insalatina di farro e asparagi. E le scogliere di Ischia spuntano dal nome di un altra pietanza, il “filetto di nasello del Mediterraneo con acqua, olio, limone, prezzemolo… ricordi d’infanzia”. Conferma lo stesso Emanuele che il menù muta completamente in base alle stagioni, “soprattutto per quanto riguarda l’ingrediente principale. Ogni piatto è composto da tre di essi, con i quali si gioca attraverso tecniche, forme, colori, acidità e consistenze. Traspare quasi sempre qualcosa che riconduce alle mie origini del Sud, come note di erbe aromatiche, agrumi: qualcosa della mia terra”.

Fondamentale è il fatto che gli stessi ingredienti principali non vengano mai riutilizzati su più di un piatto nella medesima carta. “Sul menù dell’Eat - nello specifico - non manca quasi mai il coniglio: piatto tipico dell’Isola d’Ischia”. Sul prossimo menù d’estate 2019 ci sarà infatti un tortello di pasta all’uovo in farcia di coniglio all’ischitana - cotto nel modo  tradizionale - con dragoncello e pomodorino appassito”.

Lo chef Emanuele Mazzella - nato nel 1980 - si è avvicinato a questo lavoro da bambino, “grazie ai profumi in cucina della nonna, la domenica mattina. Anche se avrei preferito sinceramente sentire solo il profumo del caffè”, ironizza. Evoca anche quei momenti: “Di solito la domenica a casa nostra ci si ritrovava un po’ con parenti ed amici, e la nonna era solita arrivare molto presto e trascorrere, insieme a mia mamma e alle zie, mattinate in cucina”.

Gli ingredienti della cucina umbra

Riguardo ad altri elementi essenziali dei suoi menu, per una strana osmosi compare sempre l’Umbria come regione che gli ha offerto le occasioni migliori. Quando ha lavorato al Palazzo Seneca di Norcia, nel 2015 ha ottenuto una Stella Michelin. Il motivo di tale riconoscimento secondo Emanuele risiede in una serie di fattori: “Si tratta di una guida molto attenta alle esigenze dei viaggiatori, e con una stella Michelin si constata che quel luogo meritava una tappa: credo grazie a delle qualità che concernono il gusto, l’estetica, l’originalità, l’ospitalità”.

La cucina moderna si fonda quindi su elementi che creano quasi distonia nel sentirli pronunciare, come il maialino di conta senese delle “24 ore” e lamponi. Ma poi al gusto crea un abbinamento di cui difficilmente si perde il ricordo. Infatti la cucina creativa - secondo anche una recente indagine dell’Università di Bologna - ha un alta percentuale di improvvisazione, che però può essere anche organizzata perché lo chef stesso sa che muterà sovente il menu. Inoltre il movimento della nouvelle cuisine - nato in Francia nel 1970 - si è sempre adeguato ai mutamenti sociali, quasi ne fosse la risposta. Anche le regole su cui si basa sono precise, come quella di non cuocere troppo, utilizzare prodotti freschi e di qualità, alleggerire il menù, non essere sistematicamente modernista ma cercare il contributo di nuove tecniche, evitare marinate, frollature, fermentazioni nonché salse e sughi ricchi. L’ultima regola del decalogo è essere inventivo, e ciò è in linea con le spinte della cultura post-moderna. Così anche l’estetica di come si presenta il piatto ha la medesima importanza del sapore, quasi un assaggio di colori: anche se è impreziositi da un prezzo superiore.

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La cucina futura è quella recente, della prossima stagione. “Il menù d’estate dell’Eat sarà legato maggiormente ad esperienze personali, come i profumi”, chiosa Emanuele. Ci sarà un menù degustazione da sette portate principali, uno da cinque dove l’ospite si affida completamente a me,  con piatti totalmente assenti in menù ma solo tenendo conto del mercato del giorno o della settimana. Una selezione a la carte di cinque antipasti, cinque primi, tre pesci, tre carni, quattro dessert e una selezione di cinque formaggi del mese”. Per un ponte sempre più sospeso.

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