Un gruppo di giovani giornalisti uscito dalla Scuola di Giornalismo di Perugia ha tentato un esperimento: fotografare e raccontare oggi le terre del sisma e proporre un confronto con la situazione del 2016. Risultato: sono terminate le demolizioni, la viabilità è ancora difficile e moltissimo resta da fare

UNO SQUARCIO nell’asfalto delle ripide strade di Castelluccio si è colorato del verde delle erbacce. A guardarlo da lontano, il borgo ai piedi del Monte Vettore, al confine tra Umbria e Marche, ha cambiato profilo. Il sisma di due anni fa lo aveva ridotto a un cumulo di pietre. Mancano dei pezzi, i buchi sembrano quelli di un enorme formaggio groviera: molti edifici, piegati in due dal terremoto, sono stati abbattuti. Quasi l’intero paese è ancora avvolto dalle recinzioni che delimitano la Zona Rossa. All’interno è un via-vai di vigili del fuoco e operai. Nella piazzetta, i militari sorvegliano a turno contro gli sciacalli: «Se non ci sono più le persone che stavano a presidiare il paese, Castelluccio la sera diventa terra di conquista per chiunque», spiega Gianni Coccia, coltivatore di lenticchie. «Quest’estate», racconta, «dopo il raccolto siamo scesi a Norcia e ci hanno svuotato una cisterna di gasolio. Se non c’è nessuno è facile fare razzia».

IL 30 OTTOBRE 2016 è la data della scossa più forte di quello che è ricordato come il terremoto del Centro Italia. Nell’autunno di due anni fa, la scossa di magnitudo 6.5 con epicentro a Preci, frazione di Norcia, la più forte dal sisma dell’Irpinia del 1980, ha messo in ginocchio le zone al confine tra Umbria e Marche. Per fortuna, a differenza del sisma di agosto ad Amatrice e Accumuli, non ci sono state vittime. Ma sono pesanti i disagi per abitanti e lavoratori. Senza casa e senza lavoro. Costretti a ripartire da zero. In questi due anni Coccia ha animato la protesta per garantire la semina. I coltivatori hanno sfilato diverse volte con i propri trattori per chiedere l’apertura delle strade. Problema non facile da risolvere, che condiziona l’economia della zona, così legata ai raccolti (oltre che al turismo). «Ce lo insegnavano anche i romani» prosegue Coccia, «quando conquistavano un posto nuovo la prima cosa era occuparsi di fare le strade, poi si pensava a tutto il resto». Secondo il coltivatore, l’amministrazione comunale dovrebbe farsi sentire di più: «Se vado io a lamentarmi come privato cittadino nessuno mi ascolta. Se va il sindaco, ha tutto un altro peso».

La scatola dei numeri: 549 milioni di euro. È la somma totale stanziata per la ricostruzione delle strade Anas nella Regione delle Marche. 10 mila edifici. Il numero totale degli edifici danneggiati dalle scosse in Umbria. Il 55% presenta danni gravi e il 45% danni lievi. 80% inagibili. La percentuale di edifici non utilizzabili a Norcia. A Cascia è il 67%, a Preci il 65%, a Spoleto il 58%, a Monteleone di Spoleto il 48%.

I COLLEGAMENTI tra Umbria e Marche procedono ancora a singhiozzo. Anas dà aggiornamenti sulla situazione nel sito www.anassisma2016.it. La via di collegamento principale tra le due regioni, la SS 685, è aperta solo in alcune fasce orarie. «Il problema serio della viabilità è stato il versante marchigiano, come la galleria di Forca Canapine, che è aperta solo in determinate ore della giornata. Lì i lavori procedono a rilento. Ci sono ancora tanti cantieri, per noi è un danno spaventoso». A parlare è l’assessore del Comune di Norcia, Giuseppina Perla. Ha appena inaugurato il “deltaplano”: una nuova struttura lungo le curve che portano a Castelluccio. Finora gli unici commercianti che avevano riaperto stavano in piazza. Ogni giorno avanti e indietro da Norcia, pronti a vendere un panino con affettati e formaggi tipici della zona ai pochi turisti e ai tanti operai che lavorano tra le macerie. Alcuni stanno in un camioncino, mentre i più fortunati hanno ricevuto un prefabbricato il più possibile simile al proprio locale andato distrutto. Ora, il deltaplano ospiterà otto ristoranti, un bar e degli spazi comuni. «Sono 1.500 metri quadrati di struttura antisismica assolutamente compatibili con l’ambiente, ma è una struttura temporanea e di emergenza. Poi ci sarà la ricostruzione», promette l’assessore. In uno di questi spazi riaprirà il ristorante di Antonio Conti, detto Tonino: «Per noi è una bella cosa, nel senso che in questo momento vediamo, almeno sul piano economico, la rinascita che finora non c’è stata». La palazzina dove aveva casa e bottega, il ristorante l’Altopiano, non c’è più. È rimasto solo un muro di cemento grigio con delle scritte bianche: «Sono un po’ come dei testimoni della nostra storia. Guardarle è un colpo al cuore. Quelle scritte sono uno spartiacque tra prima e dopo il terremoto». Ora Tonino ha le chiavi del nuovo ristorante, ma l’aspetto umano è un’altra cosa: «Questa non sarà la vera casa. Io non vedo l’ora di poter riabbracciare il mio lavoro su, come tutti gli altri. È una questione personale, di affetto, di comunità». Per Tonino non è stato un sisma come un altro: «In sessant’anni ho vissuto tre o quattro terremoti, ma questa è stata una catastrofe. A vedere cosa ha combinato, ci possono anche essere stati degli errori, come in tutte le cose. Non vorrei mai stare nei panni di chi lo ha gestito. Non è un gioco gestire questa cosa: un paese è scomparso». Il suo Altopiano, comunque, riaprirà: «Domani torno su, prendo lo straccio, do una pulita e cerco di tornare al lavoro. È l’inizio, una ripartenza. Almeno riusciamo a dare un servizio a chi ci viene a trovare».

CASTELLUCCIO DOMINA silenziosa sul Pian Grande. Per tornare in direzione di Norcia bisogna percorrere una quarantina di minuti di curve. Il sisma ha sconvolto anche le frazioni più sperdute delle valli. San Pellegrino e le sue vie spezzate. Le casette, dove nel frattempo si sono trasferiti gli abitanti, sorgono appena fuori il paese, lungo la provinciale. I giardinetti sul retro dei prefabbricati affacciano sulle vecchie abitazioni, che stanno ancora lì. Palazzine nude, aperte, che sembrano congelate. La facciata della Basilica di San Benedetto di Norcia, che si staglia isolata con le montagne sullo sfondo, è forse l’immagine più forte che ci ha lasciato il sisma. Il resto della chiesa non esiste più. La piazza centrale, i giorni immediatamente dopo la scossa, era sommersa da macerie e polvere. Oggi il paese è ancora un cantiere aperto. Il municipio e quel che resta della Basilica sono nascosti tra le impalcature.

LO SCORSO FEBBRAIO è stato firmato l’accordo per avviare restauro, recupero e ripristino della chiesa simbolo di Norcia. Tutto intorno, il borgo cerca di ripartire. Alcuni negozi hanno riaperto, ma la maggior parte è stata trasferita nella nuova zona commerciale fuori le mura. Quasi tutti gli abitanti hanno ricevuto le casette. Secondo i dati diffusi dalla Regione Umbria, al 25 ottobre 2018 sono 80 le persone ancora nei container. Mentre sono 1.776 quelle che alloggiano nelle SAE, soluzioni abitative d’emergenza, le casette, appunto. Tra loro c’è Mara, casalinga che dopo un anno e mezzo nei container ha di nuovo un posto che può chiamare casa. Come a tanti altri, il terremoto le aveva portato via l’intimità della vita con suo marito e i loro due figli: «Finalmente, è tutta un’altra cosa. Si sta meglio, si sta in famiglia». Nonostante qualche problema burocratico, Mara ora si dice rinata: «Non ce la facevo più a stare nel container, ero arrivata all’esaurimento». All’appello mancano ancora le SAE di Castelluccio, dove i lavori per far tornare gli abitanti nel proprio paese sono solo all’inizio. Terminata la lunga fase di emergenza, la speranza è quella di far rinascere il borgo che fu e di ridare linfa vitale a una terra che sta ancora provando a ripartire.

Lorem Ipsum è un collettivo di giovani giornalisti italiani, tutti under 30, che si sono uniti qualche mese fa con l’idea di praticare un giornalismo lento, di qualità e indipendente. Un lavoro che scelgono di non firmare singolarmente nella convinzione che la storia sia più importante degli autori.


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