TESTATA: PlenAir

DATA DI PUBBLICAZIONE: settembre 2014

Tra sentieri francescani e piccoli peccati di gola la Strada dei Vini del Cantico conquista i visitatori con i suoi paesaggi artistici e gli itinerari tra frantoi e cantine. Scopriamo un territorio gestito con grande attenzione e amico del turista pleinair.

L’Umbria è una meta prediletta da chi ama la vacanza slow. Campi assolati e boschi verdissimi, città d’arte e borghi medioevali si alternano a disegnare un paesaggio incantato dove rinfrancare l’anima e il corpo. Torgiano, paese noto per l’olio e il vino, è l’inizio di un affascinante cammino. Alle spalle della bella chiesa di San Bartolomeo c’è il punto informazioni della Strada e accanto all’ufficio la sorpresa che non t’aspetti: il curioso Museo d’Arte Ceramica Contemporanea, che raccoglie una collezione di vaselle d’autore, originali caraffe realizzate da artisti italiani e internazionali per la festa del vino novello che si tiene ogni anno dal 1996. Le prime due sale espongono sculture e opere del ceramista Nino Caruso, direttore artistico del museo. In cima al borgo medioevale ammiriamo la Torre Baglioni e i muri superstiti di un castello; un palazzo nobiliare del XVII secolo ospita invece il Museo del Vino creato dalla famiglia Lungarotti, noti produttori. Ma le attrazioni non finiscono qui. Alle pendici del paese, al ponte sul Chiascio, inizia il Parco dei Mulini, un percorso sul fiume verso la confluenza col Tevere, ancora limpido in quest’aperta campagna umbra distante 160 chilometri da Roma. Passeggiando lungo l’itinerario segnalato si notano i pescatori in paziente attesa sulle rive e sui resti di vecchi mulini. Uno di questi, il Molino Silvestri, produce ancora la farina. Ad appena 5 chilometri, intorno al borgo ameno di Brufa, tra dolci colline e distese di vigne entriamo nel Parco delle Sculture, interessante esempio di land art. L’itinerario incorona un ridente paesaggio con opere e installazioni contemporanee di buon livello. Durante Brufa in Festa, ogni anno da fine agosto a inizio settembre, viene selezionata l’opera della rassegna, oggi alla XXVIII edizione. Tra i pezzi già in collezione. Le Torri di Bruno Liberatore (1993) si stagliano al cielo come grandi lame e spuntoni mentre La Serena di Tuoro di Mario Pizzoni (1989) si attorciglia come una spirale davanti alla vallata. All’inizio dell’abitato il Grande alone di Gino Marotta (2002), una silhouette argentata che riproduce la chioma di un grande albero, incornicia il paesaggio nella sua sagoma vuota. E in cima alla collinetta il Beverly Pepper del Brufa Broken Circle (2011) e L’uomo di Brufa di Marco Mariucci (2013) danno un tocco surreale al contesto.

Ci muoviamo in direzione Assisi, non senza aver fatto scorta di buoni prodotti della gastronomia locale. Per il vino andiamo alla cantina Lungarotti, aperta a visite e degustazioni; per ortaggi, uova, e olio extravergine d’oliva facciamo tappa al Miralduolo,, agriturismo con piscina e spaziosi appartamenti che propone anche corsi di cucina casalinga con pasto “fai da te” finale. Un altro indirizzo per l’olio è La Montagnola, incantevole agriturismo collinare tappezzato d’ulivi moraiolo, frantoio e leccino, le varietà della Dop Umbria Colli Martanì che la proprietaria Vittoria Iraci Borgia produce con la famiglia. Anche qui corsi di cucina, e soprattutto, una villa settecentesca tra gli alberi costruita sulle rovine di un castello del Duecento. Su richiesta alcune sale sono visitabili; curiosa la piccola collezione di ventagli d’epoca, e inevitabile che attragga tante signore: sono oggetti davvero raffinati.

Tra Perugia e Spello

A noi basterebbe un semplice ventagli etto per rinfrescare l’afa con cui Fratello Sole ci guida sulla strada per Assisi, tappa successiva del viaggio. Ma sono appena 19 chilometri e la destinazione è ideale per rinfrescarci: il Bosco di San Francesco. Così, lasciato il camper nel vicino parcheggio, ci incamminiamo verso la cappella di Santa Croce e il centro visitatori del Fondo Ambiente Italiano, situato nella canonica benedettina. In pochi passi arriviamo sulle sponde ombreggiate del torrente Tescio; siamo diretti verso la radura del Terzo Paradiso, dal nome dell’opera di land art di Michelangelo Pistoletto che mette in rapporto il bosco con gli ulivi. Un consiglio: portate costume e asciugamano per approfittare di una piscina naturale con spiaggetta acciottolata sotto una cascatella. Dopo un’ora di rinfrescante relax riprendiamo il viaggio. Ci attende una piacevole degustazione nella cantina Valle d’Assisi: bianchi e rossi Doc Assisi e Igt Umbria che Susanna Bianconi produce con la famiglia e che possiamo assaggiare anche con i piatti locali del ristorante interno, annesso all’albergo e a un agriturismo con piscina. In località Viole, a 700 metri sul Monte Subasio, potremmo anche arrivare a piedi seguendo i Sentieri Francescani che Alessandro Damiani promuove tra gli ospiti dell’agriturismo di famiglia, Le Mandrie di San Paolo. Sono itinerari segnalati e non bisogna essere atleti per percorrerli; in alternativa possiamo raggiungere la tenuta con un piccolo camper. Cenando in azienda ci si accomoderà ai tavoli che godono di una splendida veduta sulla Valle del Tevere, e prima di gustare l’ottima grigliata d’agnello allevato in casa è consigliabile visitare il bosco, la macchia e le piante d’olivo moraiolo da cui i Damiani ottengono olio extravergine biologico.

L’indomani siamo a Spello, la splendidissima Colonia Julia cara agli imperatori romani, per ammirare un capolavoro del Pinturicchio nella Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore: l’Adorazione dei pastori è l’affresco centrale del ciclo dipinto dall’artista perugino nel 1501. Nel vicino palazzo comunale scopriamo altri tesori come la Biblioteca del Fondo Antico, raccolta di quattromila volumi teologici che prima della soppressione degli ordini religiosi – avvenuta dopo l’Unità d’Italia – erano custoditi nel convento francescano di Sant’Andrea. Degno d’attenzione anche il Rescritto di Costantino, stele in marmo rinvenuta nel 1733 nei pressi della Villa Fidelia, antico santuario umbro: si tratta della risposta data a un quesito d’ambito giuridico, con la quale l’imperatore concedeva agli abitanti di Spello di celebrare i ludi gladiatori nel loro villaggio e non più a Orvieto. È piacevole la discesa tra i vicoli del paese che immaginiamo tappezzati di tanti petali colorati durante l’Infiorata che si tiene ogni anno a giugno. Giunti a valle ci imbattiamo nella tensostruttura che protegge i mosaici di una villa romana, scoperta archeologica di pochi anni fa. L’ultima tappa è appena fuori il paese, presso il curioso museo della Fondazione Barbanera; il giardino biodinamico intorno all’ex bachificio settecentesco ospita la redazione dell’almanacco più conosciuto d’Italia, nato nel 1762 per volere del celebre astronomo, filosofo e cabalista delle Alpi. “Il libro del mio capezzale – scriveva Gabriele D’Annunzio nel 1934 – è quello ove s’aduna il fiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioni: il Barbanera”. L’Almanacco celebra uno stile di vita in armonia con la natura, basato su tradizioni,  previsioni e buone pratiche quotidiane. E l’Orto Giardino delle Stagioni, progettato dal paesaggista Peter Curzon, è dedicato alla biodiversità: semi e ortaggi rari, frutti d’archeologia arborea, piante aromatiche ed erbe officinali. Tutto cresce secondo le fasi lunari.

La parte meridionale della Strada

Dopo questa deviazione nell’esoterico riprendiamo le vie del sacro in direzione di Todi, la cittadina di Iacopone. Beato e non santo: differenza sostanziale, perché un beato è venerato solo nella chiesa locale. Ma di quale colpa si macchiò Iacopone? Accusò papa Bonifacio VIII di corruzione e fu scomunicato nel 1297. Nel gotico Tempio di San Fortunato – caratterizzato da tre navate di pari altezza – una lapide riporta erroneamente il 1296 come anno della morte: in realtà Iacopone scomparve nel 1306, ma per aggirare la scomunica papale la data fu volutamente alterata. Nella bella chiesa noteremo inoltre una raffinatissima Madonna in trono con Bambino, affresco di Masolino da Panicale del 1432, e dodici cappelle laterali i cui affreschi originari sono in parte custoditi nel Museo Civico situato nel Palazzo dei Priori. Lo stesso edificio è un’altra primaria attrazione di Todi, che si aggiunge all’imponente chiesa di Santa Maria della Consolazione e al duomo, autentico gioiello trecentesco che svetta su un’alta scalinata di Piazza del Popolo.

È tempo di una pausa e la gustiamo in tutti i sensi in una cantina sulle colline, a dieci minuti dal centro del paese. La signora Peppucci fa un’ottima pizza, i salumi sono di un bravo produttore locale e il vino chiude tutto in bellezza (un Igt Umbria di ve Sagrantino, un bianco fresco da vitigni Grechetto di Todi, e così via). Ma l’occasione non è solo ghiotta:  la veduta dalla terrazza è da cartolina e si scorge l’ex monastero di Sant’Antimo, dove i Peppucci, che ci vivono regolarmente, offrono ospitalità in sei accoglienti camere. La chiesetta medioevale al suo interno non è mai stata sconsacrata. S’è fatto tardi e prima della cena al Grottino di Zio Totò visitiamo il borgo di Monte Castello di Vibio, il cui Comune conta 1.600 abitanti dei quali solo un centinaio vive tra le antiche mura. Il territorio vanta scorci e frazioni incantevoli come Doglio, un piccolo abitato medioevale con una passeggiata periferica rialzata, ben tenuto e con bella pavimentazione in pietra.  Piazza Vittorio Emanuele II, con il pozzo al centro e la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo che vi affaccia, è il punto di ritrovo dei pochi abitanti che si riuniscono ai tavoli del bar davanti a uno dei panorami più incantevoli dell’Umbria. Lo ammiriamo dalla balconata che si affaccia sulla Valle del Tevere e sui Monti Martani, oppure dalla cima della vicina torre di Porta di Maggio, accessibile al pubblico. L’altra visita obbligatoria a Monte Castello di Vibio è al Teatro della Concordia, tra i più piccoli d’Italia. Inaugurato nel 1808, dispone di novantanove posti e riproduce in miniatura i grandi teatri dell’epoca. Riccamente decorato, custodisce affreschi del perugino Cesare Agnetti e del figlio Luigi; una perla anche il foyer al piano superiore. Olio, tartufi e vino chiedono attenzione; il viaggio lungo la Strada del Cantico ci riconduce inevitabilmente in cantina. Anzi in due cantine: La Spina e la Conti Faina, tra le colline di Marsciano, Fratta Todina e Collelungo. Ci troviamo alle pendici del Monte Peglia, a cavallo delle province di Perugia e Terni. In frazione Spina, a Marsciano, ci riceve Moreno Peccia, bancario e viticultore. Produce quattro rossi e due bianchi a marchio Igt Umbria, per un totale di appena 16.000 bottiglie di qualità. La piccola cantina è affacciata sulle vigne e i camperisti sono ben accolti. «Lavoro in banca da 35 anni – ci racconta Peccia – ma ho sempre amato fare il vino e condividere questa passione con tutti gli enoturisti di passaggio. Vi aspetto! ».

L’altro appuntamento è con le cantine sotterranee dei Conti Faina a Collelungo, frazione di San Venanzo. Fortificato nel 1294 con l’imponente cinta muraria tuttora integra, il borgo è tanto grazioso quanto silenzioso. Vi abitano una trentina di persone e c’è un solo bar non sempre aperto, che è il posto dove chiedere le chiavi del santuario di Santa Maria della Luce per godere della bellezza dell’omonima Madonna scoperta nel 1828 nella vicina chiesa di San Mattia, edificio con altare paleocristiano e fonte battesimale in pietra calcarea. Le cantine dei Conti Faina sono appena dietro l’angolo: veniamo guidati alla scoperta di un  mondo ipogeo fatto di pietra, botti e strumenti enologici, con la sala degustazione in fondo a uno dei tre lunghi tunnel. Buoni i vini bianchi e rossi, e buono anche lo spumante brut ottenuto a Pinot Nero e Chardonnay, caratterizzato da note di nocciola, frutta fresca e sentori agrumati, con cui brindiamo al nostro viaggio. Fuori fa caldo, ma un calice di bollicine allieta i sensi e riaccende lo spirito.

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