MENZIONE SPECIALE

È una nuova tendenza del turismo: lo “star trekking”, ovvero la ricerca di notti dai cieli limpidi da ammirare a occhio nudo o con l’aiuto di telescopi e di esperti... come un astro-frate ad Amelia


Un frate scienziato e un tesoro dimenticato in un fienile sono i protagonisti di questa storia che ha dell’incredibile: il religioso è Andrea Frigo, francescano dell’Ordine dei Frati Minori dell’Umbria, 39 anni, originario di Villafranca Padovana, una laurea in Scienze dei materiali e un master all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che ha dedicato la sua ricerca in particolar modo nel campo degli acceleratori di particelle, della fisica nucleare e delle particelle elementari di origine cosmica; il tesoro è un planetario con una cupola alta sei metri, raggrinzita per l’umidità, in attesa da anni di riprendere servizio.


Il fatidico incontro fra i due avviene qualche anno fa nel convento francescano della Ss. Annunziata, nei pressi di Amelia in provincia di Terni.

L’antica struttura, appollaiata su un poggio solitario proteso verso l’orizzonte, è avvolta da uno strato di gramigna ed edera che nasconde le ferite dei recenti terremoti. All’interno, una manciata di frati incanutiti, fragili, stanchi, attende di ricongiungersi all’Infinito; all’ingresso, in un sigillo ovale troneggia una grande zappa a due denti simbolo della Confraternita degli Zappatori, che nel 1610 fu costituita nel convento da un gruppo di laici guidato spiritualmente dai frati Francescani Minori, per rinnovare il monastero risalente a oltre due secoli prima e per bonificare le decine di ettari di terreni a corona della proprietà, sullo sfondo del confine con il Lazio.

Sembra di vederla, la scena. Il religioso, senza cavallo, che arriva in quel groviglio di vita e di morte a brandire cesoie e zappe al posto delle spade, rimanendo incantato oltre la porta del fienile, alla vista della volta artificiale: come nella fiaba della Bella addormentata nel bosco in cui il castello (e il planetario) dormiente sotto un’ampia coltre di vegetazione viene spogliato del sonnacchioso manto e si risveglia grazie al principe, capitato per caso in quel posto. Già, il caso. E se invece siano stati il determinismo o la Divina provvidenza a portare nel convento il frate scienziato con la conoscenza e con la passione per l’astrofisica e l’astronomia? Il religioso non si scompone più di tanto: «Dice il rabbino Jonathan Sacks: “la scienza è la ricerca di una spiegazione e la religione è la ricerca di senso”. Io vivo in equilibro fra queste posizioni e cerco di esprimerle attraverso le azioni quotidiane e il duro lavoro di cui il convento e il planetario necessitano.

Vuole sapere perché ho preso i voti? Pur avendo desiderato sposarmi e avere figli, mi mancava qualcosa, avevo bisogno di risposte che i miei studi non mi davano. Poi una esperienza di catechesi vocazionale ad Assisi e l’incontro con i Frati Minori – avevo circa 23 anni – mi ha aperto il cuore e la mia vita è cambiata».


È cambiata pure la vita del planetario, costruito alla fine degli anni Ottanta del Novecento grazie a un altro appassionato di astronomia, padre Bernardino Santini. Con l’appoggio dei suoi confratelli, frate Andrea ha ridato vita alla cupola e al proiettore ottico (ma sogna di poter presto dotare il planetario di un proiettore digitale) riuscendo a riaprire e a trasformare la struttura in un centro di divulgazione (per 60 spettatori), che vede già una grande partecipazione di pubblico, giovane e adulto, grazie anche al coinvolgimento di associazioni astronomiche e di osservatori astrofisici delle regioni vicine. Seduti sotto la cupola, si ha l’impressione di trovarsi in aperta campagna, lontano dalle luci della città. Come se si trattasse del cielo notturno completamente libero da inquinamenti luminosi appaiono, grazie a opportuni sistemi ottici, le costellazioni più famose, le stelle più brillanti dell’emisfero boreale e di quello australe, i movimenti del Sole e della Luna, le rappresentazioni stellari in diverse epoche e a diverse latitudini. Tutto sembra così vicino e di estrema attualità, vista la rinnovata attenzione da parte dell’uomo nei confronti dello spazio, l’ultima frontiera di ardite esplorazioni, scientifiche e “turistiche”. «Uso di solito una formula diversa dalla classica lezione di astronomia – spiega frate Andrea – si parte dai fenomeni celesti, per arrivare a parlare di arte, musica, filosofia, storia, poesia e fede, perché nel cielo ci sono tante cose. Prima del Covid, ogni evento, settimanale e mensile, si apriva con una conferenza, seguita dalla proiezione sotto la cupola e, quando il tempo lo permetteva, dall’osservazione all’aperto con due telescopi meccanizzati di cui il planetario dispone, e allo specifico telescopio per l’osservazione solare. Mi auguro di poter ricominciare al più presto, anche perché con i proventi del planetario si possono svolgere altri lavori utili per fornire il planetario di strumenti più efficaci e versatili».

Il salvadanaio del convento, per ora, rimane la Casa di ospitalità Santissima Annunziata, completamente restaurata (frate Andrea ha pitturato personalmente con colori pastello le 27 camere con 50 posti letto scegliendo perfino i copriletto della stessa tinta) con due ettari di parco intorno, un campo di calcio, due altari nel bosco, una radura per piantare le tende. Ad arricchire l’area, ci sono anche tre arnie didattiche per le scolaresche che visitano il planetario, insieme con una piccola arca di Noè con pecore, tortore e, ultimo arrivato, Aronne, un pony molto vivace.

Non possono mancare l’orto dei frati e il bosco circostante in cui si stanno reintroducendo le specie locali, come i lecci, per custodirne la biodiversità. E presto spunterà un campo di lenticchie e ceci coltivati con metodo biologico.

Anche le cantine del convento riservano sorprese: non botti di vino, che potrebbero corroborare forse troppo il soggiorno, specie d’inverno, ma un piccolo museo dei mestieri antichi con una raccolta di attrezzi che i frati usavano per le attività artigianali. Tra i primi in mostra, la zappa a due denti, simbolo della Confraternita, che in realtà non è stata mai dismessa.


«Lo stile di vita fondato sul “non buttare via niente” – spiega lo scienziato con il saio – nasce dall’ecologia integrale di San Francesco e del Papa omonimo, che parte dalla cura del Creato e combatte la cultura dello spreco.

Sento perciò il desiderio ardito di trasformare questo convento in una struttura pilota, che possa rendersi indipendente dal punto di vista energetico, per esempio con colonnine elettriche, tegole fotovoltaiche, pompe geotermiche, pale eoliche e tutto ciò che si potrebbe realizzare nel rispetto dell’ambiente e di noi stessi, perché siamo tutti connessi alla nostra casa Terra, e anche oltre. Ecco – dice indicando un punto del prato antistante il planetario – qui potremmo realizzare una cupola geodetica per convegni e raduni, che a parità di volume con le altre forme, ha bisogno di meno materiale per la copertura, e in termini energetici (riscaldamento e raffreddamento) garantisce un conseguente e consistente maggior risparmio».


Scienziati si nasce. E forse anche uomini di Dio. Non contento dei risultati finora ottenuti, frate Andrea ha contribuito a ridare vita all’associazione nazionale Borghi stellari (vedere box a pagina 38) e per settembre, dal 9 al 12, Covid permettendo, sta organizzando ad Amelia il primo Festival dei borghi stellari in collaborazione con il Comune e l’Ente “Palio dei colombi” (antica giostra medievale). Per l’occasione confluiranno in centro oltre cento telescopi – sarà il più grande star party d’Italia – per scrutare il Sole e ma soprattutto per osservare il cielo notturno, reso più buio dallo spegnimento dell’illuminazione pubblica nelle notti del 10 e dell’11.

Previsti anche un convegno dei borghi con i cieli meno inquinati, una mostra fotografica astronomica, giochi stellari con la scienza ed esperimenti per grandi e bambini, visite gratuite nei musei della città e del planetario e la consegna del Premio Amelia per l’astronomia e lo spazio, che potrebbe essere un quadro di soggetto astronomico realizzato dalla pittrice locale Grazia C ucco, amata da Mogol e da Vittorio Sgarbi, e su cui sarà applicato un meteorite. Ci sarà un motivo, del resto, se la fine di ogni cantica della Divina Commedia parla di stelle, se San Francesco nel suo Cantico delle creature loda il Signore «per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle», se ci sentiamo rapiti dal blu trapunto di stelle della Cappella degli Scrovegni a Padova, se gli astri di Vincent Van Gogh ci ipnotizzano e se, come ci insegnano gli scienziati, siamo fatti di atomi nati nelle fornaci nucleari dell’Universo e quindi siamo “polvere di stelle”.

Frate Andrea con il mix formidabile di scienza e di fede, ha riaperto un antico Stargate, che ci unisce al cielo, perché come lui ci dice, siamo tutti collegati e nessuno si salva da solo.



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