Se la vita ti dà uva, fanne del vino. Lo scrittore John Henderson incontra una coppia californiana-siciliana che ha scovato un vigneto nei pressi della propria casa in Umbria e l’ha trasformato in una nuova cantina vinicola tra le più promettenti della regione.

E così volete possedere una cantina vinicola in Italia, eh? Volete starvene seduti sotto il porticato a contemplare il vostro vitigno sulla collina, sorseggiando i frutti del vostro lavoro sotto un caldo sole e con un piatto di pasta davanti a voi mentre la campana della chiesa risuona da un villaggio vicino?

Ecco la realtà dei fatti:

Siete infilati in dei sacchi a pelo, distesi sul pavimento di una casa in pietra vecchia di 800 anni, senza elettricità, riscaldamento o acqua. Vi ci vogliono sette anni per ottenere una concessione edilizia. Realizzate che la vostra terra non è davvero la vostra terra. Non avete nemmeno un soldo e vi accaparrate attrezzatura da perfetti sconosciuti con la promessa di ripagarli in un secondo momento. Come? E chi lo sa?

“Con pochi soldi e un’immensa mole di lavoro per le mani è davvero uno sfida. Ma sai che ti dico? La verità è che non siamo partiti con questo sogno. Siamo partiti con un’idea. Un’idea che, in tutta onestà, si è trasformata in una vita da sogno”.

Questo saggio consiglio proviene dalla bocca di Ev Thomas, un artista americano di 69 che sta realmente vivendo il sogno di molti americani annoiati e stressati con un gusto raffinato per il vino. Insieme alla sua moglie siciliana, Claudia Rizza, sediamo nel soggiorno della sua casa in pietra presso l’azienda vinicola Terramante, in Umbria.

Ho sempre chiamato l’Umbria “la Toscana in versione light”. Offre tutte le cose che offre la Toscana, ma con una minore percentuale di turisti e prezzi più contenuti. L’Umbria è la sola regione, tra le 21 di cui è composta l’Italia, a non confinare né col mare né con un altro paese. Di tutte le regioni con storie risalenti a millenni addietro, l’Umbria potrebbe essere quella meno influenzata dalle popolazioni forestiere.

L’influsso più grande rimane quello di un umile santo. “Francesco” Giovanni di Pietro di Bernardone, meglio conosciuto come San Francesco di Assisi, era un giovane benestante che passava le proprie giornate a far baldoria, figlio di un ricco mercante di tessuti e di una nobildonna francese . Dopo diverse spedizioni militari, un anno in prigionia e una brutta malattia, la sua vita cambio per sempre grazie a una visione mistica. Gettò via il proprio denaro e spese la proprie vita ad aiutare i poveri, vivendo in una grotta.

È qui che subentrano Ev e Claudia, che vivono in quella che equivale a una grotta. Ciò che hanno trovato qui è un insieme di vicini e di umbri situati in aperta campagna che si sono prodigati per trasformare la loro idea in realtà.

“Negli Stati Uniti questa cosa sarebbe impensabile”, dice Ev. “Davvero impensabile.  Bisogna capire che questa zona è unica.  Gli umbri in quest’area sono ancora profondamente legati a San Francesco e alla sua mentalità.

È bellissimo.  Ed è uno dei motivi per cui mi piace così tanto.”

La storia ha inizio nel 1997.  Ev Thomas, cresciuto a Chicago, era andato a San Francisco all’età di 25 anni. Lavorava come artista e come impiegato part-time in una galleria d’arte e incontrò Claudia nel ‘97 in occasione di un evento presso un museo. Alla fine si trasferirono a Marsala, in Sicilia, terra natia di Claudia, dove Ev continuò a realizzare e a vendere opere d’arte. Tuttavia, nel 2004 desiderava vivere in un posto che fosse più vicino a Roma, città da lui amata e dotata di un aeroporto che offriva comode soluzioni di spedizione.

“Abbiamo preso un compasso e abbiamo disegnato un cerchio attorno a Roma”, dice Ev. “Siamo partiti dal perimetro attorno a Roma e ci siamo spostati sempre più verso l’esterno fino a che non abbiamo trovato qualcosa che potessimo permetterci. Non avevamo molti soldi. Non riuscivamo a trovare nulla e stavamo iniziando a disperarci.”.

Arrivarono a Todi, un affascinante conglobato di case in pietra, palazzi e viuzze ventose poco trafficate situato su una collina a poco più di 55 km a sud di Assisi. La gente locale, a differenza dei californiani, li incoraggiava a restare. Trovarono questa casa. Vennero a sapere del prezzo.

“Dicemmo ‘Beh, niente da fare,  non ce la possiamo permettere.’”, racconta Ev. “E loro ci dissero ‘No!  Proponete un’offerta alla famiglia, non si sa mai.’”.

Offrirono tutto ciò che poterono - un terzo della cifra prevista. Il proprietario non si mise a ridere e  non si mise a urlare.  Accettò. Ma poi ci fu la questione del geometra, lo pseudo-effettivo agente immobiliare che li aveva aiutati a trovare il posto.

“Si prendono una percentuale”, dice Claudia. “Ci mancavano 500 euro.  Dicemmo ‘D’accordo, la compriamo, ma deve abbassare il suo onorario.’ E così fece. Non avevamo scusanti. Aveva accettato, quindi non potevamo non comprare quella cazzo di casa!”

La casa, situata al termine di una lunga strada sterrata in collina nella periferia di Todi, era un tempo una piccola fortezza e ancora oggi ospita la torre di tre piani interamente in pietra che veniva utilizzata come punto di vedetta per avvistare le armate di razziatori del 13° secolo. Al momento dell’acquisto sembrava anche che non fosse mai stata ristrutturata da allora.

Ciò che ora è la sala da pranzo si trovava prima all’esterno. Vivevano nella torre, ciò che ora è il soggiorno. Dormirono sul pavimento la prima notte. Era febbraio e la sola fonte di calore disponibile era quella proveniente dal corpo dell’altro.

“Era una specie di buco”, dice Claudia.

Rientrarono in Sicilia per riorganizzarsi e ritornarono qui in estate.  Fu lì che arrivarono i buoni samaritani umbri a offrire il proprio aiuto. La coppia incontrò uno “strambo” muratore che stava pescando nel vicino Tevere. Italo, o come lo chiama Ev “Mr. Italy”, indossava di rado delle scarpe e camminava con l’andatura di Johnny Depp in “Pirati dei Caraibi”. Ma era anche uno dalla buona manualità e per 10.000 euro si offrì di sistemare l’intera casa secondo le loro richieste. Si fecero prestare il denaro dal fratello di Claudia e Italo iniziò coi lavori.

Notò un vecchio vitigno nelle vicinanze, porzione compresa nell’acquisto. Chiese se poteva raccogliere l’uva. “Ma certo”, dissero, “perché no?”. Tanto non avevano intenzione di farci granché, con quell’uva. Che ne sapevano mai di come si faceva il vino?

“La primavera successiva salii per controllare alcune cose e lui era là”, racconta Ev. “Concordammo di incontrarci. Lui disse: ‘Oh, devi assolutamente provare il vino!’

“’Ma come, il vino è già pronto?’”

“Eh, sì! È molto meglio così. È fresco.’”

“Oh, era il peggior vino che avessi mai assaggiato”, mi confessa Ev. “Ma non glielo potevo dire. Quanto rientrai in Sicilia, dissi a Claudia: ‘Per la miseria, non ho mai assaggiato vino peggiore di quello.  Possiamo trarne qualcosa di meglio.’ E fu lì che iniziammo a stendere un progetto.

E si gettò nella ricerca come presto si sarebbe gettato con le mani nella terra per piantare delle viti.  Si mise in contatto con alcuni amici californiani coinvolti nell’industria del vino per ricevere dei consigli. Successivamente andò in California per prendere delle lezioni durante il fine settimana.

Ritornarono in Umbria completamente imbottigliati nella speranza, un giorno, di imbottigliare realmente qualcosa. Si imbatterono nel maggiore degli ostacoli, più grande del denaro o del clima o delle malattie della vite:  la trafila burocratica italiana.

Scoprirono che i proprietari terrieri possiedono solo un metro di terra al di sotto della superficie. In Umbria, dove le regole per la coltivazione dell’uva sono molto severe, è obbligatorio acquisire i diritti per poter piantare e poi attendere il permesso prima di piantare di fatto delle viti. Per un americano, il concetto è tanto estraneo quanto la lingua italiana in sé.

“Era tipo ‘Questa terra è mia!’”,  racconta Claudia. “’E con la mia terra faccio quel che mi pare!’

“’No, non puoi.’”

“’Voi e la vostra stupida mentalità italiana!  Non andrete mai da nessuna parte!’

“Lui piantava e io gli stavo appresso per adempiere a tutti gli obblighi del caso.”

Ora la coppia se la ride. La trafila e il lavoro e le preoccupazioni sembrano cose di un remoto passato.

“Bisogna fare dei salti mortali”, confessa Claudia. “Per la prima porzione è stato così, perché abbiamo piantato mezzo ettaro alla volta. Decidemmo di tirare su i soldi da soli, così da non dover passare per la burocrazia.”

L’ampliamento e l’apparecchiatura erano altre questioni. Presentarono domanda per una concessione edilizia nel 2008, ma non la ricevettero prima del 2015. E dovettero ricostruire il soggiorno e la veranda.

Apparecchiatura per fare del vino? Quale apparecchiatura? Dove l’avrebbero trovata? Dove avrebbero trovato i soldi? Scoprirono di avere un vicino, Fabrizio, che vendeva apparecchiatura agricola. Possedeva un’impolveratrice,  costava 1.500 euro. Loro 1.500 euro non li avevano. Fabrizio disse: “D’accordo, voglio fidarmi. Non preoccupatevi,  prendete l’impolveratrice. Mi pagherete quando potrete.”

Successivamente acquistarono da lui un’irroratrice e ogni mese la coppia gli dava dei soldi, prendendoli in prestito dalla madre di Claudia, utilizzando la pensione di Ev e guadagnandoli attraverso la vendita di alcune ceramiche e il lavoro di Claudia in un B&B.

Nel 2007 erano pronti per fare del vino. Ancora una volta, i vicini accorsero in loro aiuto. Tre allegri nonnini li aiutarono a raccogliere i grappoli d’uva. Si portarono appresso un tino di plastica, che era più grande della Fiat Panda su cui viaggiava, e una diraspatrice al seguito. Tutti e cinque si misero al lavoro.

“Sono davvero su d’età”, dice Ev,  “Hanno tra gli 85 e i 90 anni,  ma sono arzilli e fumano sigarette come se fossero degli spiritelli. Al termine della notte, dopo aver fatto tutto quanto e aver riempito il tino, non mi ero mai divertito così tanto in vita mia.  Avevo riso un sacco, quei tizi erano eccezionali. Amavano la vita.

“La mia passione si accese in quell’istante.”

Ev riempì due barili di ciò che pensava fossero due vini di tutto rispetto, fatti al 100% con uva Sangiovese. Fu in quel momento che nacque Terramante, combinazione delle parole “terra” e “amante”.

E fu sempre lì che nacquero Iubelo e Laudatus, nomi dati ai suoi due vini per esprimere il legame con quei luoghi. “Iubelo” era il titolo di un poema scritto dal frate umbro Jacopone da Todi, che seguendo l’esempio di San Francesco si liberò di tutti i suoi possedimenti. “Laudatus”, blend di Sangiovese e Sagrantino, deriva invece da una parola latina, “laudato”, che significa “lodato” e compare di frequente nel Cantico di Frate Sole, cantico religioso scritto da San Francesco.

Bei nomi, ma la vera prova era portarli in California, dove i suoi amici avrebbero espresso il loro giudizio.

“’Questo vino è eccellente’, dissero.  Dovresti proprio provare a vendere questa roba.’”, racconta Ev. “’Facci un pensierino, sulla produzione di vino’”.

Possedeva solo cinque filari di viti, ma a poco a poco il lotto di terra crebbe. Ora possiede cinque acri di terreno e dopo 12 anni di tentativi e di sbagli è giunto a produrre un vino che sta iniziando a vendere e a ottenere riconoscimenti.

Un tizio belga si ritrovò a passare da quelle parti e amò quel vino al punto di acquistarne un paio di casse. Ciò che Ev e Claudia non sapevano era che il club enologico di quel tizio si era classificato come il migliore club di degustazione vini d’Europa. Il club fece ritorno e acquistò altre 50 casse. Poi fu la volta di Jane Hunt, scrittrice recensore di vini, che apprezzò lo Iubelo e chiese al magazine Decanter di prenderlo in considerazione per l’elenco 2017 dei 100 migliori vini al mondo sotto i 50 euro.

Saliamo in macchina e ci arrampichiamo sulla collina per raggiungere la loro cantina. L’edificio in pietra di tre piani sovrasta la splendida e verde vallata umbra. La coltura è suddivisa come se fosse una trapunta, con gli oliveti in cima, i vigneti nel mezzo e piantagioni di cereali e di girasoli nella parte bassa.

La bellezza non è il solo vantaggio che una cantina vinicola in Italia ha sulla California. No: il motivo maggiore riguarda l’aspetto economico. In California il panorama vitivinicolo è in mano alle grandi aziende. Non si trovano cantine vinicole in quartieri un tempo abitati da frati.

“Quanto sta accadendo in California, in particolare nella Napa valley, è che i valori fondiari sono aumentati a dismisura”, dice Ev.  “In parte lo si deve ai grandi investitori internazionali e, in alcuni casi, a figure di spicco. Tipo multimilionari che arrivano e comprano qualcosa perché è sempre stato il loro sogno possedere una cantina vinicola.”

Ev afferma che un acro di terra in California viaggia tra 250.000 e 750.000 dollari (vale a dire tra 219.000 e 656.000 euro).  In Umbria un acro di terra è venduto a 3.500-4.500 euro e in Toscana, fatta eccezione per l’esagerata area di Bolgheri, a circa 26.000 euro.

Ev e Claudia non aspirano certo a diventare ricchi:  sperano di uscirne alla pari l’anno prossimo. Un giorno, forse, se acquisteranno altre parcelle di terra, potranno trarne un profitto.

E dovrebbero farlo. Non sono mai stato un grosso fan del Sangiovese,  ma devo ammettere che questo Iubelo è il miglior Sangiovese che io abbia mai provato. È ricco e presenta un’acidità netta e un sentore di frutti rossi.

“Il Sangiovese, quando inonda la bocca alla giusta temperatura, ha la parvenza del sangue”, asserisce Ev.

Ora che ha affinato le papille gustative sulle varie tipologie di uva italiane, potrebbe fungere da referente per gli americani che hanno la stessa ambizione di avviare una cantina vinicola in Umbria. Gli chiedo quali consigli darebbe.

“Decidi la parte dell’Italia”, dice,  “Prenditi del tempo.  Viaggia per l’Italia. Assicurati che questa regione è ciò che solletica il tuo interesse. Ciò che questa regione ha da offrire coincide con ciò che per te è importante?

“Forse il Piemonte ti rispecchia di più.  Forse la Puglia fa per te.  E poi, ovviamente: sei più tipo da città o da campagna? Il punto di partenza è dato da decisioni di vita molto basilari come queste.”

Vivendo in Italia ho notato che tra le persone più felici vi sono quelle che hanno a che fare col mondo del vino.  E posso intuire perché:  sono immersi in una campagna bellissima;  il clima ricorda spesso il paradiso;   realizzano un prodotto che non solo è delizioso, ma fa anche bene alla salute;   incontrano persone interessanti che viaggiano sulla loro stessa lunghezza d’onda.

Come dice Claudia, citando San Francesco:

“Chi lavora con le mani è un operaio,  chi lavora con le mani e la testa è un artigiano,  chi lavora con le mani, la testa e il cuore è un artista.”

Salute.

articolo originale in inglese »

Questa pagina ti è stata utile?