TESTATA:  Agence France Presse

DATA DI PUBBLICAZIONE : 12 giugno 2010

Brunello Cucinelli è un imprenditore atipico: impostosi negli ultimi 25 anni come “il re del cashmere Italiano”;è proprietario di un marchio che produce utili e coltiva, tuttavia, una spiccata passione per la filosofia e sogna un capitalismo capace di “rendere l’umanità più bella”.

Su carta, le cifre sono impressionanti: aumento delle vendite del 50% negli ultimi tre anni, un fatturato che si prevede possa arrivare a 180 milioni di Euro entro la fine del 2010 ed utili al netto delle imposte pari a 8,82 milioni di Euro nel 2009, in piena crisi mondiale (+ 11,22 % in un anno).

Germania, Stati Uniti e Francia. sonoi principali mercati esteri ai quali sono destinati maglie, giacche, pantaloni in cashmere ed in altri tessuti pregiati con etichetta Cucinelli; a questi prodotti si sono aggiunti gli accessori che sono andati  recentemente ad arricchire la gamma di prodotti dell’azienda  (calzature, cinture, borse) .

Intervistato a Roma dalla AFP, Brunello Cucinelli ritiene che siano essenzialmente tre le ragioni di questo successo: “prodotti di alta qualità a forte connotazione artigianale, uno stile sporty-chic”, riflesso della cultura Italiana, ed “una distribuzione controllata” dotata di una rete modesta (1000 boutique multi-marca, 50 mono-marca) ma ben mirata (Greenwich Village a New York, St. Tropez in Costa Azzurra).

Sono due le boutique di prossima apertura a Parigi: una, a fine Agosto, a St. Germain de Près ed una, nell’Aprile 2011, in rue du Faubourg St. Honoré.

La produzione è totalmente Italiana, realizzata per l’80% in Umbria, nei laboratori che sorgono all’interno ed attorno al castello di Solomeo, borgo natio della moglie di Brunello Cucinelli, ed in circa 1200 piccoli laboratori artigianali esterni. Gli accessori  come calzature e borse, vengono, invece,  prodotti in Veneto e Toscana.

Figlio di un contadino diventato operaio e, lui, stesso, partito dal nulla, Brunello Cucinelli è al contempo uomo pragmatico: “un’impresa deve produrre utili” e imprenditore illuminato: “i profitti devono servire anche a migliorare il mondo,e  a rendere più bella l’umanità ”.

Nella conversazione, ama citare massime ed aforismi di filosofi come Kant (“Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”), Rousseau o Socrate. Poi mi spiega come il 20% degli utili dell’azienda sia consacrato a dare ai suoi 500 dipendenti “un salario del 20% più alto rispetto al mercato, per alleviare la durezza di un lavoro ripetitivo” ed offrire loro un ambiente di lavoro e condizioni di vita migliori.

Nella mensa aziendale i dipendenti possono pranzare a soli 3 Euro. Nessun cartellino da timbrare, la pausa pranzo dura 1 ora e mezza e dà anche la possibilità di fare un riposino. Oltre al castello restaurato e ad una quindicina di case laboratorio, Cucinelli ha regalato al borgo anche un teatro in cui si tiene uno spettacolo mensile ed un festival di musica classica d’estate.

“Bisogna restituire al lavoro dignità economica e morale, conciliare capitalismo ed umanesimo”, dichiara Cucinelli.

L’industriale non perde, in ogni caso, di vista la qualità e, nel lavoro, crede nel rispetto della regola Benedettina: “Cerca di essere rigoroso e dolce, esigente maestro, amabile padre”.

Una qualità dal prezzo elevato, ma, secondo Brunello Cucinelli che “non crede ad un lusso democratico, alla portata di tutti”, “non si può dire che i nostri prodotti siano cari, sono soltanto onerosi”. “Se si vende un paio di pantaloni a 19 Euro si è sicuri di non rendere forse “cheap” il lavoro degli altri?”, fa notare.

Allo stesso tempo, non vede una minaccia nei paesi emergenti, come la Cina: “al contrario, è proprio grazie a loro che siamo dove siamo”, “il suo cashmere,  proviene, infatti, dal collo delle capre Cashmere di Mongolia e Cina”.

Brunello Cucinelli è un inguaribile ottimista: sono, infatti, sempre più i Cinesi agiati che si innamorano del lusso Italiano o francese e prevede “una nuova età dell’oro”, confortato nella sua predizione dalla crescita delle proprie vendite nei paesi emergenti (Cina, India, America Latina), passate dal 3 all’11% del totale. 

Questa pagina ti è stata utile?