Menzione Speciale


Nacque tra il 269 e il 273, divenne vescovo di Terni a soli 27 anni e amava regalare rose ai fidanzati. Sono pochissime le notizie certe sull’identità del santo, celebrato – laicamente – il 14 febbraio, giorno in cui morí ultranovantenne. Eppure, il suo raggio d’azione è enorme: dalla città umbra si estende all’Europa e oltre, scomodando il padre della letteratura inglese, Geoffrey Chaucer, e lo stesso William Shakespear...

Celebrato in tutto il mondo e sconosciuto anche ai suoi devoti: è il singolare paradosso di Valentino, il santo più invocato e al tempo stesso quello più misterioso.

Venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi e dagli anglicani come martire, taumaturgo e in qualche caso protettore degli animali, degli agrumeti e persino degli epilettici, come laicissimo patrono degli innamorati ha ispirato poesie, canzoni, tradizioni folkloristiche, cartoline, cicli pittorici, festival e milioni di lettere d’amore. E poi tanti, tanti, tanti cioccolatini, fiori e cene a lume di candela.

Eppure di lui si sa poco e nulla: poco tra i gelosissimi devoti che lo rivendicano come patrono, nulla tra chi si limita a celebrarne la festa. D’altra parte, una volta spogliato da leggende e pie tradizioni, del Valentino storico rimane assai poco. E non è strano: in fondo il nostro deve la sua popolarità solo alla coincidenza con la festa degli innamorati, totalmente laica. Potremmo dire quindi che Valentino condivida, in qualche modo, il destino di San Silvestro, Santo Stefano e San Lorenzo, figure senza dubbio ignote a chi festeggia il giorno a loro dedicato.

A differenza però di san Lorenzo, che non è mai stato patrono delle stelle cadenti, o di Silvestro che certo non viene invocato come protettore dei giocatori di tombola, Valentino raccoglie attorno alla sua tomba a Terni ogni anno centinaia di coppie di fidanzati e le chiese che vantano le sue reliquie vedono arrivare in continuazione lettere che raccomandano al Santo il proprio amore.

Di fatto l’unica certezza che abbiamo su san Valentino sta nel suo nome e nella data che lo ricorda. Tutto della sua vita – l’elezione a vescovo a soli 27 anni, la morte a 98, fino all’abitudine di regalare rose ai fidanzati – viene tramandato da leggende successive al 1600, nate negli ambienti più disparati e senza alcuna attendibilità storica. Ciò che sappiamo di sicuro, di questo santo, è infatti solo che si chiamava Valentino e che è morto il 14 febbraio, mentre l’anno – a seconda delle tradizioni - oscilla tra il 269 e il 273.

La testimonianza più antica è contenuta nel Martirologio geronimiano: una sorta di calendario della Chiesa universale attribuito a san Girolamo e scritto nel V secolo, quindi circa 200 anni dopo la morte di Valentino. Tutto ciò che riporta è la memoria del 14 febbraio presso la comunità cristiana di Terni, con la dicitura: Interamne in Flamminia natale Valentini.

Quel che è certo, quindi, è che il culto di san Valentino a Terni è antichissimo: sulla sua tomba già nel IV secolo era stata costruita una chiesa, distrutta dai Goti nel VI e ricostruita nel VII secolo. Distrutta ancora dagli Ungari, poi dai Normanni e infine dai Saraceni, la basilica viene ricostruita ancora una volta e affidata ai monaci benedettini. Poi viene abbandonata a un progressivo degrado fino a quando, nel 1605, il vescovo Giovanni Antonio Onorati non promuove un’avventurosa campagna di scavi per riportare alla luce la tomba e ordina la costruzione di una nuova basilica affidata poi ai frati carmelitani.

Nel frattempo, un secolo dopo la primissima citazione di Valentino del Martirologio, nella Passione di Maris, Marta, Audiface e Abacuc viene citato un santo chiamato Valentino, prete di Roma, che guarisce dalla cecità la figlia del principe Asterio e battezza lei, il padre e tutti i membri della famiglia, trovando la morte il 14 febbraio sulla via Flaminia, durante l’impero di Claudio II, e cioè tra il 268 e il 270.

Il martire viene sepolto in quella che diventerà poi la Catacomba di San Valentino, al secondo miglio della Flaminia. Sulla tomba papa Giulio I farà edificare la basilica di San Valentino, che verrà ampliata nel corso dei secoli e arricchita di un monastero benedettino. La ossa del santo, tuttavia, verranno traslate nel IX secolo nella basilica di Santa Prassede, e chiesa e cimitero saranno progressivamente abbandonati per tornare alla luce nell’Ottocento ed essere distrutti da un alluvione nel 1986.

Il testo più importante riguardo alla vita di san Valentino arriva invece intorno al 725 ed è la Passio Sancti Valentini, che racconta la storia di tre giovani ateniesi che studiano a Roma la lingua latina presso l’oratore Cratone. Il figlio di Cratone ha una gravissima malattia fisica, e un amico gli riferisce che un morbo simile aveva colpito anche suo fratello, guarito dopo essersi recato da un certo Valentino, cittadino e vescovo di Terni. Giunto a Roma, Valentino guarisce il ragazzo e converte al cristianesimo Cratone e tutti i suoi allievi, tra i quali figura anche il figlio del prefetto Furioso Placido, che – furioso di nome e di fatto - fa decapitare Valentino il 14 febbraio al 68° miglio della via Flaminia. Il corpo viene recuperato dai tre discepoli e sepolto in un cimitero fuori le mura di Terni, dove sorgerà poco dopo la basilica a lui intitolata.

La doppia tomba — quella romana e quella ternana — dà origine a un duplice culto e a un dibattito sulla reale identità del santo, mai risolto definitivamente. Gli storici hanno formulato ipotesi diverse per risolvere l’enigma: tra le molte teorie elaborate quella più comunemente accettata ritiene che si tratti dello stesso personaggio il cui culto si è sviluppato in modo diverso nelle due città alle quali il santo era, per qualche motivo, legato. Valentino sarebbe stato dunque un prete romano divenuto vescovo di Terni oppure un prete ternano martirizzato a Roma. Più recentemente Edoardo D’Angelo ed Emore Paoli, analizzando il testo della Passio e comparandolo con documenti storici, hanno ipotizzato uno spostamento della data di morte del vescovo di Terni di almeno un secolo, intorno al 346. Il problema principale della Passio, oltre all’attendibilità storica, è infatti la totale mancanza di riferimento all’epoca dei fatti narrati. La tradizionale datazione del martirio al 273 deriva infatti dal “San Valentino romano”, e non da quello ternano. Secondo la nuova datazione, quindi, il Valentino di Terni non sarebbe stato giustiziato, ma ucciso in un agguato in un’epoca – quella tra l’editto di Costantino e quello di Teodosio - in cui il cristianesimo era già stato legalizzato ma non era ancora religione di stato.

A testimoniare un legame con Terni anche del Valentino romano, però, oltre alla comunanza del nome, giorno e il luogo del martirio, c’è anche la collocazione, nelle catacombe romane, della sepoltura di una bambina ternana: Venerosia, nata nel 355 e morta nel 359.

Ricostruire con certezza l’identità del santo, quindi, è quasi impossibile, tanto più che a creare maggior confusione c’è l’ampia diffusione del nome Valentino tra la tarda antichità e l’alto medioevo. Basti pensare che Valentino è anche il nome di un eretico contro cui Tertulliano (contemporaneo del nostro santo) scrive un libro, di altri cinque martiri tutti morti nel 305 — di cui due a Ravenna! — di un altro martire, di un vescovo di Genova, di un altro vescovo in Germania e di un altro ancora il cui teschio è custodito nella basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma. Ci sono poi almeno altri cinque santi con questo nome, tra martiri e vescovi vissuti tra il IV e il XVIII secolo e un papa — il centesimo della storia della Chiesa — che ha regnato tra l’800 e l’827.

Vale la pena di segnalare anche la presenza – nella cronotassi dei vescovi di Terni – di Valentino II, anche egli santo, impegnato nella lotta contro l’eresia ariana tra il 520 e il 533. Come il predecessore anche Valentino II è stato ucciso, e come il primo anche lui ha avuto come successore un vescovo chiamato Procolo, coincidenza che lascia pensare a un vero e proprio “duplicato” la cui creazione non può essere né smentita né confermata vista la totale assenza di documenti riguardanti la chiesa ternana dei primi secoli.

Potremmo allora ipotizzare anche che il Valentino di Terni sia stato vittima della lotta tra cattolici e ariani: la scomunica di Ario era avvenuta nel 325 durante il Concilio di Nicea e negli anni del martirio (secondo la nuova datazione) era al culmine. La confusione e la successiva assimilazione del Valentino di Terni, vittima dell’arianesimo, al prete romano, martirizzato dai pagani, avrebbe finito per “retrodatare” la morte del vescovo ternano all’anno 273.

Di certo la più antica delle leggende romantiche che vedono protagonista Valentino - quella della storia d’amore con la figlia cieca del suo carceriere - fa riferimento al prete romano e non al vescovo ternano.

Tra i due litiganti, comunque, quello che non gode di sicuro è il terzo, e cioè il san Valentino di Genova: il vero convitato di pietra alla festa degli innamorati.

Il luogo comune riconduce le origini del Valentine’s Day ai Lupercali romani, rituali animaleschi e promiscui dedicati alla fertilità che si celebravano tra il 13 e il 15 febbraio e che papa Gelasio avrebbe cristianizzato nel 496 istituendo la festa di San Valentino.

La verità, però, è che Gelasio – rimasto l’unica autorità a Roma dopo la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo nel 476 - ha effettivamente abolito definitivamente i Lupercali, giudicati profondamente immorali, ma non li ha affatto sostituiti con una solennità cristiana: nessun pontefice fino a pochi anni fa si è mai sognato di celebrare il giorno di San Valentino, ricorrenza squisitamente laica che niente ha a che fare con le solennità liturgiche.

E’ stato infatti Francesco il primo papa ad incontrare, il 14 febbraio 2014, le coppie di futuri sposi nel corso di una cerimonia organizzata da Vincenzo Paglia, successore di Valentino come vescovo di Terni e allora presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, che aveva portato in Vaticano una tradizione nata a Terni negli anni ’90.

Quello che resta curioso, però, è che a collocare l’abolizione dei Lupercali nel 496 sia Cesare Baronio, maestro di Giovanni Antonio Onorati che – come vescovo di Terni - nel 1605 promuove la campagna di scavi che riporta alla luce la tomba di San Valentino. E se di certo nulla c’entra con San Valentino, in molti attribuiscono a papa Gelasio l’istituzione – in opposizione ai Lupercali – della Candelora, che nei secoli successivi sarà fissata al 2 febbraio.

La festa di San Valentino, d’altra parte, non è mai stata – e non lo è nemmeno oggi – una solennità della Chiesa, e viene celebrata in chiave religiosa solo nelle città di cui il santo è patrono.

L’origine più probabile della festa degli innamorati ha invece radici più letterarie che religiose: il primo ad associare il santo all’amore romantico è infatti Geoffrey Chaucer, vissuto tra il 1343 e il 1400, che cita in tre sue opere la festa di San Valentino come il giorno in cui gli uccelli si accoppiano. Attenzione, però: l’accoppiamento degli uccelli avviene in primavera e non certo in pieno inverno, e il san Valentino a cui il padre della letteratura inglese fa riferimento è il vescovo di Genova, la cui memoria viene celebrata il 2 maggio.

Passano solo pochi decenni, però, e già nel 1391 John Clanwowe anticipa la festa degli innamorati al 14 febbraio. La confusione delle date nasce, probabilmente, dal fatto che il san Valentino di Terni è molto più importante e venerato di quello di Genova (morto nel 325 ma di cui non si sa praticamente nulla) e proprio grazie alla sua celebrità riesce a strappare al collega ligure il titolo che lo renderà ben più famoso, ma assai sfuggente.

Non a caso, nel corso del medioevo decine di città in tutto il mondo hanno iniziato a rivendicare le reliquie di San Valentino: tra queste Sasso Corvaro in provincia di Urbino, Sadali in Sardegna, Belvedere Marittimo in Calabria, Vico del Gargano in Puglia, Ozieri vicino Sassari, Rocchetta di Bergamo, Bassano del Grappa, Chiesiellis in provincia di Udine, Zoppla in provincia di Pordenone, Torre d’Arese e Abriola in provincia di Potenza, Dublino in Irlanda, Glasgow in Scozia e Birmingham in Inghilterra, e ancora Mosca in Russia e Roquemaure in Francia. Il culto di Valentino è poi particolarmente presente in Polonia, dove troviamo una suggestiva ballata medievale e reliquie in molte città tra cui Lublino e Cracovia, oltre che nel celebre santuario di Czestochowa. A Barcellona è venerato invece un san Valentino martire vescovo di Interamna, che sarebbe però Teramo e non Terni.

In Germania e Austria il culto di san Valentino è particolarmente diffuso, ma anche in questo caso siamo in presenza di un equivoco: la figura del martire ternano si è confusa infatti con quella di un vescovo fiammingo, patrono di Passavia, nato nel 435, morto nel 475 e celebrato il 7 gennaio. La confusione dei due santi ha finito per far venerare il Valentino tedesco come patrono degli innamorati e trasformare il Valentino italiano nel patrono degli epilettici, soprattutto nel nord Italia.

Particolarmente interessante è il caso di Bussolengo, in provincia di Verona: qui si trovano infatti le più antiche raffigurazioni di san Valentino, al quale è dedicata una chiesa edificata nel Medioevo, e che è patrono della città. Nella chiesa di Bussolengo sono presenti ben tre cicli di affreschi sulla vita di Valentino, oltre che un busto in legno e numerosi dipinti, di cui molti medievali. Il culto del santo sembra sia stato portato – nel XIV secolo – dalla confraternita dei disciplinati, arrivata proprio dall’Umbria. Grazie poi ad un miracolo avvenuto nel XVIII secolo, nella cittadina veneta Valentino è diventato anche il patrono del bestiame.

Sono proprio gli affreschi di Bussolengo a testimoniare il fatto che nel Medioevo il san Valentino vescovo di Terni è già conosciuto e venerato in tutta Europa, ma non ha ancora nessun legame con gli innamorati: i tre cicli presenti nella chiesa, infatti, ne raccontano la passione e il martirio senza alcun riferimento a matrimoni celebrati dal vescovo. Riferimenti di cui avremo tracce, invece, a partire dal XVII secolo e in ambiente anglosassone.

Parte quindi dall’Inghilterra la fama di san Valentino come patrono degli innamorati, tanto che William Shakespeare cita la festa dell’amore già nel 1595 in Sogno di una notte di mezza estate mentre nel 1602 nell’Amleto fa recitare ad Ofelia una filastrocca: “Sarà domani San Valentino / ci leveremo di buon mattino / alla finestra tua busserò / la Valentina tua diventerò / Allora egli si alzò / dalle sue robe tutto si vestì / la porta della camera le aprì / ed ella non più vergine ne uscì”.

Quanto alle leggende, si formano negli ambienti e nelle epoche più disparate: quella che lo vuole appartenente a una famiglia aristocratica ternana nasce quando, a metà del Seicento, Valentino diventa il vessillo della nobiltà laica contrapposto a sant’Anastasio, patrono sostenuto dalla Curia; quella secondo cui avrebbe donato una rosa a una coppia di fidanzati che litigavano riconciliandoli viene creata in Inghilterra nel Seicento (e immortalata negli anni ’90 anche nella vetrata della basilica ternana) mentre la tragica vicenda dell’amore tra il soldato pagano Sabino e la cristiana Serapia nasce nel Novecento, dopo il ritrovamento di due scheletri abbracciati nella necropoli delle acciaierie di Terni.

La Greeting Card Association ha stimato che ogni anno, il 14 febbraio, vengano spediti circa un miliardo di biglietti di auguri, numero che colloca la ricorrenza al secondo posto, dopo il Natale, per biglietti acquistati e spediti.

Un aspetto particolarmente interessante è che Terni, a differenza di Bussolengo e delle altre città che venerano Valentino, ha riscoperto il suo patrono proprio quando è diventato protettore degli innamorati. E’ singolare come la tomba di San Valentino sia stata scoperta a Terni appena due anni dopo la pubblicazione di Amleto. Fino al 1605, infatti, il vescovo era praticamente dimenticato e fino al 1646 contendeva la protezione di Terni a san Procolo (suo successore) e sant’Anastasio (vescovo di Narni e Terni dal 649 al 653). Solo il 3 luglio 1647 Valentino veniva proclamato ufficialmente patrono principale di Terni, dopo una votazione che lo aveva visto sostenuto dai laici e osteggiato dal clero.

Nei secoli successivi per influsso del mondo anglosassone, anche a Terni si diffonde il culto di Valentino come protettore degli innamorati, tanto che ai piedi dell’altare che ha custodito l’urna fino al 2003 era indicato proprio come “San Valentino, patrono dell’amore”.

A partire dal 1989 la Chiesa ternana ha cercato di elevare Valentino a custode non solo delle coppie di innamorati ma dell’amore nell’accezione più ampia, quindi anche della solidarietà e della pace, istituendo un premio a suo nome assegnato, tra gli altri, a Madre Teresa di Calcutta, Michail Gorbaciov, David Grossman e Ibrahim Faltas.

Una forzatura? Non si direbbe, considerato che già nel 1415 il libro La ricomposizione della città di Norwich narrava la pacificazione delle discordie interne alla città per intercessione di san Valentino: sin dal Quattrocento, quindi, il raggio d’azione del Patrono di Terni era passato dal mero accoppiamento di uccelli e innamorati a un vero e proprio messaggio di pace e di amore universale.

D’altra parte l’unica certezza che la storia ci consegna, del vero san Valentino, è che ha versato il sangue per la fede e per gli altri. E quindi, per dirla con le parole di un suo successore, ha letteralmente perso la testa per amore.

LE LEGGENDE

La tradizione vuole che Valentino, nato intorno al 175, fosse il rampollo di un’importante famiglia di Interamna (l’odierna Terni): forse i Tacito, a cui apparteneva secondo la tradizione lo storico Cornelio, e sicuramente l’imperatore Marco Claudio (salito al trono nel 275, due anni dopo la morte del Santo).

Trasferitosi a Roma per studiare retorica, Valentino aveva sposato Silvia Claudia, figlia di un prefetto, e si era convertito al cristianesimo. Eletto vescovo di Terni a soli 27 anni, si sarebbe fatto conoscere come “protettore degli innamorati” dopo aver regalato una rosa ad una coppia di innamorati che stavano litigando.

La più celebre delle leggende lo vede celebrare il matrimonio tra il soldato romano Sabino e la giovane cristiana ternana Serapia, mediando tra le rispettive famiglie. Il matrimonio si conclude però con una tragedia – la morte di Serapia per tisi – e con un singolare miracolo: Sabino chiede di andarsene insieme alla sua amata e viene esaudito, morendo abbracciato a Serapia.

Secondo una recente aggiunta – circolata soprattutto su internet – Valentino sarebbe stato martirizzato proprio per aver celebrato questo matrimonio “proibito”. Qualcuno per attualizzare l’episodio ha fatto addirittura di Sabino un musulmano, considerando anche che la festa è proibita in alcuni paesi islamici.

La leggenda viene fatta risalire al ritrovamento, nel 1909 nella necropoli delle acciaierie di Terni, di una sepoltura bisoma, con due scheletri affiancati, oggi esposti al Museo Archeologico di Terni. In realtà il racconto si è sviluppato soprattutto nel corso della seconda metà del Novecento ad opera dell’eroe di guerra ed ex podestà Elia Rossi Passavanti, e mescola elementi di Romeo e Giulietta e Quo Vadis? con i nomi presenti su un’iscrizione sepolcrale conservata ai Musei Vaticani che fa riferimento a santa Sabina e alla sua ancella Serapia, martirizzate nel 106. Cosa c’entrano con il patrono di Terni? Nulla, si tratta solo di un equivoco generato ancora una volta da un’omonimia: il marito di Sabina era infatti un senatore chiamato Valentino.

SAN VALENTINO NELLA POESIA

“E’ di San Valentino oggi la data / e per trovare l’altra lor metà / gli uccelli son tutti all’adunata”.

E’ Geoffrey Chaucer con Il parlamento degli uccelli ad inaugurare nel XIV secolo le innumerevoli poesie “valentiniane”. Nel 1401 John Lydgate è il primo ad associare san Valentino non solo all’accoppiamento degli uccelli ma a sposi e fidanzati: “In questo giorno felice – scrive in The Floure of Curtesye - in tutta fretta c’è un’osservanza da rispettare: quella di rinnovare sinceramente la scelta e di confermare sempre la vostra fedeltà”.

Al medioevo risale anche una misteriosa ballata polacca in cui Valentino è ritratto come un giovane bello che rifiuta la corte delle donne per farsi prete. Nella ballata non vengono menzionati gli innamorati mentre il protagonista, durante la consacrazione, ha un attacco che sembrerebbe richiamare l’epilessia.

John Donne nel 1613 si rivolge invece apertamente al vescovo Valentino nel Epithalamion: “L’aria intera è la tua diocesi, tutti i coristi cinguettanti e gli altri uccelli sono i tuoi parrocchiani, ogni anno tu unisci in matrimonio la squillante allodola e la colomba dal grave sussurro. / Questo giorno risplende più allegramente che mai / e infiammerebbe persino te, vecchio Valentino / Il loro amore e coraggio non tramonteranno mai / ma faranno di tutto l’anno il tuo giorno, o Valentino”.

Tra i poeti che celebrano il patrono dell’amore nel XVII secolo, oltre a William Shakespeare, anche William Fowler e Michael Drayton. Più recentemente, la festa di San Valentino ha ispirato schiere di cantautori, da Tom Waits (Blue Valentines, 1978) a Carmen Consoli (San Valentino, 2015) passando per James Taylor, Bruce Springsteen, David Bowie e Linkin Park (tutti con brani chiamati Valentine’s Day), per non parlare di My Funny Valentine, scritta nel 1937 e diventata uno degli standard jazz più celebri, cantata – tra gli altri – da Frank Sinatra ed Ella Fizgerald, che tuttavia non fa riferimento alla festa di San Valentino ma ad un personaggio chiamato proprio Valentine.

Vinicio Capossela, che ogni anno tiene un concerto il giorno di San Valentino, ha tradotto la canzone di Tom Waits con il titolo Lettere d’amore blu e dedicato alla festa il suo ultimo album Bestiario d’amore, uscito nel 2020. La cantautrice ternana Marialuna Cipolla, invece, è tra i pochi ad aver scritto una canzone non sulla ricorrenza ma proprio sul personaggio Valentino: Flower of Midnight.

David Riondino ha dedicato infine al Vescovo di Terni il nuovo capitolo del suo progetto TgSuite – la notizia cantata che andrà in scena con il sostegno della Fondazione Carit di Terni nella primavera 2022.

I LUPERCALI

Secondo la tradizione quella di San Valentino, come il Natale, sarebbe una festa “solstiziale”, legata al risveglio della natura e a quella “promessa di primavera” che comincia a farsi sentire a febbraio, ultimo mese dell’inverno.

Pur privo di un legame diretto, c’è quindi sicuramente un rapporto tra i Lupercali romani – che si celebravano dal 13 al 15 febbraio – e l’odierna festa degli innamorati.

Luperco era un’antica divinità rurale, invocata a protezione della fertilità. Inizialmente identificato come il lupo sacro a Marte, viene successivamente considerato un epiteto di Fauno per essere infine assimilato al dio Pan. Secondo la tradizione proteggeva il bestiame dall’attacco dei lupi. Durante i lupercali venivano iniziati due giovani che, vestiti solo con le pelli di capre che formavano anche una sorta di fruste, con le membra spalmate di grasso e una maschera di fango sulla faccia, venivano segnati sulla fronte intingendo il coltello sacrificale nel sangue delle capre. Dopo aver asciugato il sangue i due ragazzi dovevano ridere e correre saltando e colpendo con le fruste sia il suolo per favorirne la fertilità, sia chiunque incontrassero e in particolare le donne, le quali offrivano volontariamente il proprio ventre alla frusta per ottenere la fecondità.

Naturale che la Chiesa guardasse con forte sospetto questi rituali pagani dal valore ancestrale, e non era la sola a mostrarsi ostile visto che Cicerone giudicò “selvagge” queste riunioni e Valerio Massimo scrisse che si trattava di “feste promosse dall’ilarità e dall’eccesso di vino”.

Divenuto papa nel 492, Gelasio abolisce i Lupercali senza sostituirli con un’altra festa, anche se in molti gli attribuiscono l’istituzione della Candelora. Di certo quella con il giorno di San Valentino è solo una coincidenza di date, mentre le tradizioni dei Lupercali finiranno per essere recuperate, almeno in parte, nel Carnevale.

SAN VALENTINO A TERNI

Nella Basilica di Terni si svolge ogni anno, la domenica precedente al giorno di San Valentino, la “Festa della promessa” che vede le coppie di fidanzati che si sposeranno entro l’anno scambiarsi la promessa d’amore e ricevere una rosa rossa dal vescovo della città.

Da tre decenni sulla tomba del santo arrivano lettere d’amore da tutto il mondo: di queste il 75% sono scritte da donne, il 10% da uomini e il 15% da coppie. Il 59% arrivano dall’Europa (con in testa l’Italia, seguita dalla Germania) mentre il 38% scrive dall’Asia, in particolare dal Giappone, ma anche dai paesi arabi e dall’Iran. In Italia il maggior numero di devoti del santo si registra in Campania, seguita da Sicilia, Toscana e Lazio.

Nel 1989 Comune e Diocesi hanno promosso la Fondazione San Valentino che, soprattutto negli anni 2000, ha dato un forte impulso agli eventi organizzati per celebrare la festa. Tra questi l’istituzione del premio “San Valentino. Un anno d’amore”, la donazione alla città da parte di Chalres Peynet di alcuni suoi disegni originali, lo spettacolo di Roberto Benigni dedicato al Cantico dei Cantici e l’incontro con Alessandro D’Alatri per la presentazione del film Casomai e della versione teatrale di Scene da un matrimonio.


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