Da 21 anni il ristorante ha portato esclusivamente la cucina umbra a San Paolo, diventando un punto di riferimento della gastronomia italiana nella capitale San Paolo

In un certo senso, c'era un po' di Umbria lì con le immagini di San Francisco accanto a noi, la caricatura di un fornaio in cima al muro con i suoi pani freschi, come freschi erano anche alcuni degli ingredienti nei prodotti lì serviti. Ho sentito nostalgia negli occhi di Sauro Scarabotta, umbro di Gubbio, che vive in Brasile da quasi 30 anni.

Eravamo in una panetteria artigianale nel cuore di San Paolo e Sauro mi raccontava come ha innovato la cucina italiana offerta in città attraverso il suo ristorante, Friccò.

Il segreto del successo? Unendo il sapore delle prelibatezze umbre, con la sua cultura che predilige materie prime fresche, unito a un'offerta di mercato competitiva: prodotti di qualità a basso costo, qualcosa che non esisteva nei ristoranti italiani in Brasile alla fine degli anni '90.

“Quando abbiamo aperto il Friccò, nel 1997, c'erano ristoranti in Brasile che offrivano piatti di alta qualità a prezzi molto alti e ristoranti che offrivano piatti con ingredienti di media e bassa qualità a prezzi popolari. Abbiamo innovato creando una via di mezzo, qualcosa che già esisteva in Italia”, dice Sauro.

Il commento illustra il contesto che visse il Brasile fino agli anni '90, quando iniziò a concretizzarsi la liberalizzazione dei prodotti importati nel Paese. All'inizio del decennio successivo la presenza di prodotti agroalimentari dall'estero sugli scaffali dei mercati brasiliani era ancora timida.

Questo giustifica, tra le altre ragioni, l'improvvisazione e l'adattamento di molti piatti tipici italiani in assenza di ingredienti originali, così come la creazione di tanti altri che sono apparsi nel Paese.

Dal punto di vista di Sauro, che oltre fare l’impreditore, fa anche lo chef, c’è una mancanza di conoscenza tecnica e culturale da parte della grande maggioranza della forza lavoro brasiliana, che aiuta ad alleviare la situazione.

A tre decenni dal rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Brasile e Italia, oggi è sempre più diffusa la presenza nel Paese di materie prime agroalimentari italiane, molte con marchi di qualità europei e certificazione di origine. Campagne locali come quelle realizzate dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura Italo-Brasiliana di San Paolo (Italcam) e altre realizzate in collaborazione con il governo italiano, come True Italian Taste, aiutano a promuovere e incoraggiare il consumo di prodotti regionali italiani, molti dei quali ancora sconosciuti a gran parte della popolazione brasiliana.

Friccò de Frango

L'adattamento delle materie prime locali con la composizione dei piatti italiani è caduto anche sul piatto tipico umbro, il friccò, che ha dato il nome al ristorante. Nonostante il leggero adattamento nella preparazione, il risultato “non ha compromesso la ricetta originale”, spiega Sauro.

Il ristorante di Sauro, in collaborazione con la moglie, l'imprenditrice Rita Russo Scarabotta, ha aperto i battenti con il nome di “Friccò de Frango” [Friccò di Pollo]. Oltre al prezzo stabile del pollo all'epoca, dopo diverse crisi inflazionarie, Sauro utilizzò il pollo per preparare, per la prima volta, un friccò a Rita, quando la coppia era ancora fidanzata.

“Quella sera Sauro mi disse che stava per fare un piatto tipico della sua città, il friccò. Mi è piaciuto, il friccò era delizioso! Era un soffritto di pollo, con pomodoro, vino bianco, rosmarino, aglio…” racconta Rita.

Ma il nome non durò a lungo, in quanto indusse il pubblico a pensare che il ristorante servisse solo pollo, quindi il nome fu semplificato in Friccò.

Oltre al pollo, nella cucina del Friccò non sono mancati piatti con ingredienti umbri obbligatori: olio d'oliva, tanto maiale, carne di coniglio – un po' meno, visto che in Brasile non c'è l'abitudine di mangiare il coniglio -, il salame umbro, alcune ricette con il pesce, come la trota, che risale al sapore del Nera, un fiume dell'Umbria, ma anche i tartufi della regione.

“Sono sempre andato in Umbria a comprare tartufi di stagione, sia bianchi che neri. E ovviamente gli offrivo al pubblico a un prezzo competitivo, molto più conveniente di chi gli acquistava tramite intermediari”, rivela Sauro.

L'abitudine di consumare prodotti freschi di stagione è tipica della cultura umbra. Senza perdere questa consuetudine, Sauro ha approfittato del clima tropicale del Brasile, che rende facile ottenere determinate materie prime durante tutto l'anno nella cucina del suo ristorante.

“Insegniamo ai nostri fornitori e clienti che un prodotto di qualità non dev’essere necessariamente costoso. Dev’essere fresco, di stagione. Consumare una zucchina fresca, appena colta, è buono come mangiare un tartufo fresco”, conclude.


Clienti

Con quella logica, il Friccò ha lavorato. La gente si è messa in fila per il pranzo e per la cena al ristorante. La critica gastronomica locale ha approvato la sua cucina e, di conseguenza, il Friccò riceve il premio Paladar 2013, dal quotidiano O Estado de S.Paulo, nella categoria dei migliori salumeria, i cui salumi iniziarono ad essere prodotti da Sauro con le tecniche della sua terra.

Tra la clientela affezionata c'era Aldo Spina, di Cannara, in provincia di Perugia.

Nella memoria di Aldo dei tempi del Friccò, oltre ai classici piatti della regione come la porchetta e le quaglie ripiene, ci sono anche scene affettive, come quella della “signora dei capelli bianchi che con dita affusolate impasta e riempie davanti a tutti i famosi cappelletti che profumo quando poi lo stesso Sauro ce li serve con una scodella fumante”, ricorda Aldo. La signora a cui Aldo fa riferimento è anche umbra, Marisa Sollevanti Franceschetti, concitadina del titolare, che ha lavorato nel locale per circa 10 anni.

Ma a volte Sauro si trovava di fronte a clienti che naturalmente volevano riprodurre certe abitudini brasiliane, come mettere il limone sul salame, cosa che per un umbro, non si fa - almeno con il salame umbro.

“Ho spiegato a questi pochi clienti che quando un salame è di buona qualità, con una buona materia prima, non c'è bisogno di aggiungere il limone per migliorarne il sapore. E la gente ha capito”, dice Sauro sollevato.

Feste e tradizioni

Oltre alle tradizioni gastronomiche, l'essere al Friccò riporta all'Umbria. L'ambiente, "né troppo informale né troppo lussuoso", secondo il suo proprietario, era decorato con tavoli e sedie rustiche in legno, mentre le pareti portavano immagini del "cuore verde d'Italia": le sue valli, le sue città medievali, le sue feste tipiche. Nelle parole di Aldo, “Sauro era molto orgoglioso delle sue origini”.

Nella ripresa del suo passato in Italia, Sauro era solito riprodurre nel mese di maggio una delle feste popolari più importanti dell'Umbria, che si svolge a Gubbio, sua città, sempre il 15 maggio: la Festa dei Ceri. I ceri sono grande statue di legno, anticamente fatti di cere, che sono anche rappresentati sulla bandiera della regione Umbria. Esistono diverse versioni sull'origine di questa festa millenaria, tuttavia, la più accreditata riguarda la devozione degli eugubbini al vescovo locale Ubaldo Baldassini, morto nel maggio 1160.

Sauro ricorda che per celebrare la data nel suo ristorante, i “camerieri erano vestiti di ceraioli, costume tipico della Festa dei Ceri”.

Agli avventori del Friccò sono stati proposti anche abbinamenti di vini con piatti umbri e picnic all'aperto, cosa comune nella cultura umbra nella bella stagione.

Lì Aldo si sentiva a casa. “Abbiamo fatto spesso incontri con gli immigrati umbri che vivono a San Paolo al ristorante. Gli incontri finivano sempre con risate fragorose e con il viso arrossato dal vino”, rivela.

Chiusura

Nel 2018, con 21 anni di esistenza e dopo essere diventato un punto di riferimento della gastronomia italiana nella capitale San Paolo, il Friccò ha chiuso i battenti. Per ragioni economiche e morali, legate al mantenimento della qualità del servizio e dei principi del marchio, i coniugi Scarabotta decisero di chiudere l'attività del ristorante, dopo aver analizzato anche una possibile vendita.

“Io e Rita crediamo che tutto abbia un inizio, una metà e una fine”, spiega Sauro. “Come abbiamo aperto, abbiamo chiuso”, aggiunge.

L’Umbria oggi a San Paolo

Con la fine del ristorante Friccò, San Paolo ha perso il suo rifferimento umbro. Però nel ristorante Sughetto nella città, è possibile trovare un po’ della cucina umbra di Orvieto, provincia di Terni.

La gastronomia umbra puo’ anche essere trovata in alcuni progetti di promozione della gastronomia italiana, come la Settimana della Cucina Regionale Italiana, che si svolge ogni anno a novembre, dove l’Umbria ha la sua cucina rappresentata.

Nell’edizione 2021 Sauro Scarabotta e Aldo Spina, insieme ad altri amici umbri, si sono recati al ristorante Maremonti per assaggiare alcune delle prelibatezze della regione, che oltre il friccò e la porchetta, avevano piatti come gli strangozzi alla norcina, il medaglione di cinghiale e le millefoglie di rocciata di Assisi. Tutto servito all’italiana: antipasto, primo piatto, secondo piatto e dessert – in Brasile si mangia un piatto unico e ben servito.

L’Umbria in Brasile

Alla fine l’Associazione Umbri del Brasile, che riunisce più di 1.000 membri, inclusi immigrati e discendenti, tiene alcuni incontri in stile umbro per far rivivere la cultura della regione. Il primo appuntamento del 2022 è previsto per l’ultima settimana di gennaio nella città di Bragança Paulista, a 86 km da San Paolo, e sarà celebrato con una buona porchetta come vuole la tradizione.

È possibile saggiare un po’ della cucina umbra in ristoranti come il Fornace a Cachoeira Paulista (regione di San Paolo) Casual Sabor a Piedade (regione di San Paolo) e Miracolo in Paraty (regione del Rio de Janeiro).


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