Lo sviluppo sostenibile passa attraverso la memoria dei luoghi e per mantenerla viva nascono attività anche didattiche di natura culturale che diventano leva strategica per lo sviluppo territoriale e non solo per il turismo di prossimità.

Abituati all’idea tradizionale di musei come contenitori di esposizione e di conservazione di oggetti, la concezione progettuale dell’ecomuseo innova la vecchia concezione nascendo all’interno di un territorio in cui la natura e il patrimonio artistico sia rilevante e degno di attenzione con la sua valorizzazione a seguito di un ciclo di attività predisposte all’interazione con le risorse naturali presenti in loco.

I confini di un ecomuseo si integrano con l’ambiente circondante, quasi a dissolversi, per una maggiore interazione ai fini di una integrazione con il patrimonio artistico-culturale territoriale.

Ecomusei in Italia e i connettori ai macrosistemi

L’ecomuseologia attira sempre di più l’attenzione degli operatori istituzionali, culturali e di ambito turistico perché rappresenta una risorsa naturale per la trasmissione della memoria dei luoghi, alle future generazioni, e per rafforzare il rapporto tra territorio e residenti nonchè i legami tra il museo e la sua comunità. L’origine è francese, orientativamente negli anni ’50 del ‘900 nacque l’ecomuseo come istituzione culturale ai fini della conservazione, valorizzazione dei valori naturali, sociali, tradizionali della comunità che risiede in quel determinato contesto ambientale. Il pionere della cultura ecomuseale è il museologo e archeologo Hugues de Varine che nel 1971 diede questa denominazione al ristorante “La Flambée” di Parigi, Il principio base di distinzione da una classica struttura museale era quello di essere un’attività curata dal basso per volontà della comunità locale con lo scopo di tutelare, conservare e tramandare il patrimonio materiale e immateriale per lo sviluppo territoriale. Non sono pochi gli ecomusei in Italia. Il censimento (sempre in aggiornamento) ne vanta un numero considerevole: oltre un centinaio che coinvolge quasi tutte le regioni italiane in contesti rurali, per la maggior parte dei casi, ma non manca anche il contesto cittadino e metropolitano come il caso di Torino e di Scampia presentato il 21 Gennaio come progetto per lo sviluppo dell’area Nord di Napoli.

A Dicembre si è tenuto il convegno sui 50 anni di ecomuseologia della Regione Lombardia con la riflessione sul ruolo degli ecomusei per l’attuazione della Convenzione Europea del paesaggio.

I macrosistemi possono essere connessi tra di loro o dall’ecomuseo rurale, dove i connettori sono paesaggio e ambiente verso l’ambiente esterno, oppure urbano dove a guidare la connessione è la comunità locale intesa come territorio strutture edili e di sistema antropico circostante.

Il paradigma e gli elementi della cultura ecomuseale

Tre sono gli elementi che sono alla base dell’istituzione di un ecomuseo: patrimonio, territorio e comunità per far emergere pubblicamente il legame tra il museo e l’ambiente. L’ecomuseo, essendo composto da più elementi, è un sistema integrato del patrimonio naturalistico e storico-artistico presente sul territorio.

Patrimonio, Territorio e Comunità sta all’Ecomuseo come Collezione, Immobile e Visitatori sta al Museo. Oggi, i due paradigmi della cultura coesistono in una visione g-locale di processi di coesione per la promozione dei territori, sul piano internazionale, dove l’ecomuseo diventa il luogo protagonista dove si sperimentano processi di sviluppo, integrazione sociale ed innovazione culturale per la valorizzazione e divulgazione dei patrimoni materiali e immateriali viventi.

Si creano, così, geografie rurali variabili con una nuova mappatura per nuovi itinerari culturali che diventano attrattori turistici dove gli ecomusei diventano connettori tra aree interne isolate e aree urbane centralizzate servite da trasporti e infrastrutture di servizi.

“L’ecomuseo è un’istituzione culturale che assicura in modo permanente, su un

dato territorio, le funzioni di ricerca, presentazione, valorizzazione di un insieme di beni naturali e culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che vi si succedono, con la partecipazione della popolazione stessa”.

(G.H. Rivière)

L’ecomuseo diventa ambasciatore di un paesaggio storico per uno scenario contemporaneo che guardi alla salvaguardia e tutela delle piccole località e comunità resilienti e che sia leva strategica per un nuovo policentrismo tra piccole aree territoriali e quelle urbane con un ponte di collegamento volto al recupero dei borghi e del loro welfare.

L’ecomuseo è il progetto di conservazione e tutela della memoria, degli usi e costumi, della cultura e degli antichi mestieri in voga nelle comunità locali e rappresenta un progetto di conservazione per i beni culturali decentralizzati dalle mura cittadine e lontani dai grandi flussi di massa.

La rete in Umbria

In Umbria nasce la prima rete ecomuseale. Infatti con la legge regionale n.34 del 14 Dicembre 2007 dedicata alla “Promozione e disciplina degli ecomusei”, la Regione riconosce gli stessi come strumenti volti al tramandare la cultura del territorio e rafforzare e valorizzare i legami museo con la comunità locale.

Nel 2011 la Regione riconosce i primi tre Ecomusei di Campello sul Clitunno, del Paesaggio Orvietano e della Dorsale Appenninica Umbra quest’ultimo considerato tra i migliori a livello internazionale e tra i primi dieci più significativi tra i duecento che hanno partecipato al censimento indetto nel 2015 dall’Icom (International Council of Museums) dal titolo: “Musei e paesaggi culturali”.

Compongono l’ecosistema della rete:

Ecomuseo di Campello sul Clitunno

Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra

Ecomuseo del Paesaggio Orvietano

Ecomuseo del Tevere

Ecomuseo geologico minerario di Spoleto

Ecomuseo del Paesaggio degli Etruschi

Ecomuseo del paesaggio olivato e dell’olio di Trevi

A Dicembre 2021, a Spoleto, si è tenuto il convegno sull’ecomuseologia umbra per fare il punto della situazione sulla sostenibilità della comunità e il suo territorio e la progettazione sia di piccole che grandi attività per un flusso turistico interessato a quella tipologia di connessione con le tradizioni e la cultura locale.

È una rete nella rete il circuito delle località della dorsale appenninica che si promuovono ‘antenne’ delle comunità sui territori: antenna del Ciarlatano – Comune di Cerreto di Spoleto, antenna dell’Acqua – Comune di Foligno, antenna della Canapa – Comune di Sant’Anatolia di Narco, antenna del Tartufo – Comune di Scheggino, antenna delle Lime e delle raspe – Comune di Sellano, antenna della Casa dei Racconti – Comune di Vallo di Nera, antenna del Ricamo e del tessuto – Comune di Valtopina. Operanti prima del terremoto del 2016 e momentaneamente inagibili: antenna del Norcino – Comune di Norcia, antenna della Scuola chirurgica – Comune di Preci mentre Cascia (antenna della Devozione), Monteleone di Spoleto (antenna del Farro), Poggiodomo (antenna del Cardinale), Spoleto (antenna dell’Olio di oliva) non hanno ancora promosso attività.

Per l’area di Orvieto le attività dell’Ecomuseo del paesaggio Orvietano sono incentrate sulla promozione del paesaggio, dei prodotti tipici locali, coooperazione tra popolazione ed ecomuseo e le tracce di comunità.

Ecomusei e pandemia: la didattica ‘en plein air’ e ‘out of the box’

La presenza dell’ecomuseo sul territorio si è rivelata una valente risorsa per le attività didattiche durante il periodo più ferreo del distanziamento sociale. Le attività didattiche oltre che on line sono proseguite sul campo, all’aria aperta nel rispetto delle regole previste dal protocollo sanitario.

La presenza dell’ecomuseo si è rivelata una valida alternativa alle aule chiuse e una soluzione temporale per impiegare in attività applicative e laboratoriali i più giovani e i residenti nelle prossimità. Un esempio virtuoso è quello del Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco, in provincia di Perugia, che ha lavorato molto con i bambini e la popolazione residente. Alla Dad (didattica a distanza) è stato offerto una integrazione di contenuti lavorando sul patrimonio già digitalizzato del museo e fruibile on demand e offrendo un corso di tessitura del filato. Durante la pandemia, nel 2020, ai già storici sei musei che costituiscono la rete umbra, si è aggiunto il settimo museo: Ecomuseo del paesaggio olivato e dell’olio di Trevi, che assieme agli altri è un ulteriore elemento di presidio storico-culturale per mantenere viva la memoria del territorio nel tempo.

L’attività della proposta didattica dell’Ecomuseo del Clitunno è rivolta agli studenti della scuola elementare con i quali si è proceduto a realizzare una mappa di comunità (Parish Map) per individuare i caratteri identitari dell’area territoriale tra cui i saperi e i valori in cui la popolazione che risiede in zona si riconosce. Ad esempio, con il C.E.A. Laboratorio di Scienze della Terra di Spoleto sono state avviate attività come passeggiate ed escursioni didattiche alla scoperta dei beni della comunità come il fiume Clitunno per il quale sono proposti percorsi ludico-didattici sulle caratteristiche dell’acqua, percorsi storici, archeologici e tematici attraverso i principali monumenti.

Per l’Ecomuseo del paesaggio e dell’olivato le attività culturali e di promozione didattica hanno il focus sul paesaggio e sulle produzioni tipiche locali oltre che passeggiate per campi d’ulivo. Le attività sono organizzate all’interno del Complesso Museale di San Francesco che ospita la Raccolta d’Arte e il Museo della civiltà dell’olivo e gli eventi sono organizzati a cura del soggetto gestore dei laboratori didattici.

L’Ecomuseo di Spoleto punta ad attività di divulgazione oltre che didattica in merito alla storia geologicomineraria.

Ecomusei come trasmettitori di memoria

L’ecomuseo non è la classica struttura museale contenitore di oggetti da collezione ma è piuttosto un insieme di luoghi, oggetti, tradizioni e mestieri che le comunità locali individuano come patrimonio culturale caratteristico da tramandare alle future generazioni e proponendolo alle istituzioni come percorso di approfondimento, conoscenza e avvicinamento alla cultura di un territorio distaccato dalle dinamiche

cittadine e urbane. Una volta che le istituzioni hanno riconosicuto l’area ecomuseale, essa stessa diventa attrattore verso i residenti, i turisti e pellegrini e risulta essere, con il mantenimento delle attività che ruotano attorno alla istituzione di una struttura ecomuseale, una contromisura contro lo spopolamento e la perdita di memoria verso le origini storico-culturali del patrimonio e delle comunità locali che vi hanno abitato, in prossimità, nel corso dei secoli. Un esempio è quello dell’Ecomuseo del Tevere che ha individuato un antico sentiero da far percorrere, come si faceva nel passato, per raggiungere la struttura, nonchè ilpercorso delle lavandaieper fare il bucato. Tra le misure messe in atto per evitare l’abbandono del territorio, attività e corsi che riguardano le competenze tecniche in materia naturalistica come ad esempio, il corso per apicoltori per far conoscere l’importanza della tutela delle api e del miele che avviene all’Ecomuseo del paesaggio degli Etruschi oltre ad altre attività di matrice storico-archeologica, artistico-botanica come: la tecnica dell’affresco, l’alimentazione nell’antichità, bussola e cartina, gli alberi monumentali e la biodiversità.

Mappe di continuità della comunità

La rete dei sette ecomusei umbri costituisce il quadro d’insieme di tante mappe di comunità territoriali che, a vista d’occhio, sono unite in un unico grande anello: un raccordo tra la cultura del territorio rurale e agricolo del borgo e delle tradizioni degli antichi mestieri, inteso come prezioso patrimonio da trasferire per non perderne memoria tra una generazione e l’altra. Un esempio è il percorso naturalistico della

Valnerina, un trekking dedicato al sentiero degli antichi mestieri legati alla produzione di calce e carbone tra boschi e borghi circondati da cascate, ruscelli e sorgenti. Le comunità locali che promuovono un ecomuseo diventano comunità patrimoniali, custodi di memorie materiali e immateriali da tramandare ai posteri e l’individuazione, la promozione da parte della collettività e il riconoscimento della proposta progettuale da parte delle istituzioni di un ecomuseo diventa una lente d’ingrandimento per leggere la mappa di comunità di continuità nel tempo: ovvero, una cartografia, strumento di identificazione e rappresentazione per i residenti del luogo dell’identità di una determinata area, nonchè una chiave di lettura della specifica e rispettiva cultura dei luoghi e siti, che serve per rilanciarla alle nuove generazioni, per una migliore progettazione degli scenari futuri e di sviluppo dell’impresa sia turistica che culturale, in un’ottica di percorso cognitivo-relazionale e ambientale governato da un pensiero laterale di vivere le risorse ambientali ed artistiche non solo all’aria aperta ma anche in una modalità non convenzionale, ovvero: “out of the box”.

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